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Richiesta di preghiere

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Per la Richiesta di Preghiere è possibile da oggi utilizzare il MODULO che si trova qui a sinistra.

Le intenzioni saranno oggetto della preghiera comunitaria durante l'incontro del
Gruppo di Preghiera Regina della Pace ogni Giovedì.

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domenica 19 agosto 2018

Omelia Messa - Međugorje - Giovedì 16 Agosto 2018

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.
Parola del Signore.


Cari fedeli, parrocchiani, pellegrini, ascoltatori della radio, tante volte sentiamo il termine “perdono”, sopratutto in chiesa. “Perdona perchè ti sia perdonato”. Devi perdonare.
Il Cristianesimo è una religione in cui il perdono ha un ruolo importante. Chi non è pronto a perdonare gli altri non può aspettarsi che Dio lo perdoni.
Chi pensa che Dio non abbia nulla da perdonargli sta ingannando se stesso.
Queste sembrano espressioni di un predicatore. Nessuno si oppone ad esse. Ma sono parzialmente giuste.
Per prima cosa bisogna mettere il perdono nel posto giusto.
Credo che un uomo non dovrebbe dire ad un altro uomo “devi perdonare”. Noi uomini non abbiamo diritto di dire ciò. Lo può dire soltanto Dio con la Sua autorità.
L’espressione “devi perdonare” porta in sé il pericolo di ferire la vittima un’altra volta e colui che ha commesso l’ingiustizia viene, in un certo senso, liberato dalla critica. In questo caso colui che ha subito l’ingiustizia ha una duplice sofferenza: per l’ingiustizia e perchè si sente colpevole di non poter perdonare.
Il messaggio di Dio sul perdono non porta ad un’ulteriore schiavitù, ma alla liberazione. Questo messaggio non aiuta colui che ha commesso l’ingiustizia, bensì la vittima.
Perciò la frase “devi perdonare” è una frase con cui bisogna stare molto attenti. Colui che ha subito l’ingiustizia dovrebbe perdonare, anche se umanamente ha diritto di non farlo. Perchè dovrebbe perdonare? Principalmente per se stesso. Per non avvelenare il cuore con l’odio e con i pensieri di vendetta. Per essere libero e poter lavorare e vivere in modo normale.
Finché coltivo l’odio e il desiderio di vendetta nei confronti di qualcuno quel tale in un certo modo controlla la mia vita. E’ presente nei miei pensieri, nei miei progetti, nel mio cuore e non mi permette di essere veramente felice finchè non avrò realizzato la mia vendetta. Ma quando ci sarò riuscito non sarò neanche allora felice.
Spesso una persona che ci ha commesso un torto è presente nei nostri racconti per decenni a causa dell’amarezza e per riflessioni e rimproveri. Nessuno sulla terra, tranne i nostri cari, deve segnare la nostra vita in una maniera così profonda. Per questa ragione è giusto perdonare.
Davanti al giudizio di Dio l’uomo sarà completamente nudo, così com’è, senza avvocati, senza scuse. Sarà abbandonato soltanto alla Misericordia e alla Giustizia di Dio. Chi può sperare di ottenere misericordia se non coloro che sono misericordiosi? Nelle Beatitudini sentiamo “beati i misericordiosi perchè otterranno Misericordia; beati i portatori di pace perchè saranno chiamati figli di Dio; beati i perseguitati a causa dell’ingiustizia perchè a loro appartiene il Regno dei cieli”. Tutte queste categorie che le Beatitudini elencano si trovano tra le persone che perdonano. Il perdono cristiano proviene da questo modo di vedere. La chiamata al perdono è l’aiuto affinchè la vittima del sopruso possa liberarsi e vivere in libertà senza sottostare a ciò che può avvelenare l’anima e lo spirito.
Se capiamo tutto questo possiamo comprendere bene la parabola che è riportata nel Vangelo di oggi.
“Quante volte dovrò perdonare il mio fratello che commette colpe contro di me?” Pietro collega la risposta al numero 7. La tradizione ebraica diceva che bisogna perdonare 3 volte. Dopo le 3 volte il perdono non ha più senso. Pietro raddoppia il numero delle volte più una. Forse pensava di essere fin troppo generoso. Ma Gesù con la Sua parabola annienta la domanda di Pietro e fa entrare un nuovo elemento. Non è difficile riconoscere che quel padrone che condona un debito impossibile da restituire è Dio stesso. Gli uomini discutono tra di loro di cose molto piccole.
Nella domanda di Pietro e nel suo modo di pensare sono presenti due elementi: io e colui a cui devo perdonare. Questo, però, non è solamente un rapporto fra di noi. C’è anche Dio, al quale noi tutti dobbiamo tanto. Bisogna vedere quanto ne siamo coscienti.
Chi crede in Dio ha una misericordia e una giustizia diversa da colui che non crede. Se nella vita ci comportiamo come coloro che non hanno fede come possiamo dire di essere diversi? Come si può riconoscere che apparteniamo a Dio?
Sant’Agostino diceva: “Chi non è pronto a perdonare non deve pregare il Padre Nostro”. In quella preghiera è contenuta la frase “perdona a noi come noi perdoniamo i nostri debitori”.
Riflettiamo: se io non sono pronto a perdonare prego, infatti, che Dio non perdoni neanche me. Questo è molto più facile capirlo nella teoria che viverlo nella vita pratica.
Nei Paesi Bassi esisteva una signora di nome Kornelia. Quando nel maggio del 42 i tedeschi avevano invaso il suo paese una donna ebraica si era presentata alla porta della casa di Kornelia chiedendo aiuto. Probabilmente sarebbbe stata uccisa se fosse stata trovata dai nazisti. Lei e la sua famiglia sono stati accolti e aiutati a lasciare il paese. Quando gli altri ebrei hanno saputo la cosa si sono presentati a chiedere aiuto. Così i nazisti se ne sono accorti. Un giorno hanno fatto un controllo. Mentre i tedeschi erano al pian terreno gli ebrei si nascondevano dietro una parete e trovavano la via di fuga. Questo è capitato per quasi due anni. A nessun controllo sono state trovate le persone. Ma nel febbraio del 44 gli agenti hanno trovato un orologio che uno degli ebrei aveva dimenticato per la fretta. Kornelia, un fratello e due sorelle sono stati arrestati, mentre un fratello e una sorella sono stati lasciati. Kornelia e la sorella sono stati mandati nel campo di concentramento. Nel dicembre di quell’anno la sorella è morta lasciando scritto: “Non esiste burrone così grande da non essere raggiunto dall’Amore di Dio”. Due settimane dopo Kornelia è stata liberata.
Nel 45, al termine della guerra, ha aiutato le vittime dei soprusi a riprendersi. Nella sua autobiografia ha scritto: “Coloro che erano capaci di perdonare erano in grado di iniziare una vita nuova nonostante le ferite fisiche. Coloro che hanno perseverato nell’amarezza sono rimasti invalidi”.
Kornelia nel 47 ha fatto una catechesi sul perdono in una chiesa. Al termine della stessa, dopo che la chiesa si era svuotata, un uomo sorridente si è avvicinato a lei. In esso ha riconosciuto uno dei guardiani del campo di concentramento. Egli ha detto: “Sono felice, perchè Dio ha cancellato la mia colpa per ciò che ho fatto, ma vorrei sentire dalla tua bocca le parole del perdono”. Le ha dato la mano, ma lei che aveva aiutato tante persone a superare i loro traumi è rimasta bloccata. Davanti agli occhi le passavano le scene terribili del campo di concentramento e sua sorella morta. Non riusciva a muovere la mano. Ha pregato Gesù di poterle dare la forza per poterlo fare e ci è riuscita. In uno dei suoi testi ha scritto: “Allora ho sentito il calore passare dal braccio verso la mano e verso il guardiano del campo di concentramento”.
Davanti a noi rimane la domanda: è possibile perdonare? Bisogna perdonare?
Se colui che merita il castigo non chiede il perdono non importa. Il perdono non significa rinunciare ai propri diritti oppure giustificare l’ingiustizia. Questo lo vediamo nella parabola quando il padrone non rinuncia ai suoi diritti vedendo come si comportava il servo malvagio.
Gesù inserisce la terza Persona nel perdono: Dio. Purtroppo non contiamo su di Lui quando siamo in lite con qualcuno.
Il perdono è per la vittima. Colui che ci ha offeso non deve guidare la nostra vita. Non deve farlo neppure la sua disponibilità o meno di chiedere il perdono. Osservandoci attorno possiamo vedere che questo succede rare volte.
Gli uomini sono crudeli: fanno fatica a perdonare e fanno fatica a chiedere perdono, perchè ogni loro atto ha una giustificazione. La colpa è sempre di un altro: il collega di lavoro, i genitori, la moglie, il marito, i figli, gli amici, i confratelli.
Per le persone cattive l’universo intero è colpevole. Solo loro sono innocenti.
Il cristiano sincero non può entrare in questa dinamica se vuole custodire la propria anima. Perciò dobbiamo essere pronti a perdonare e a chiedere perdono.
Alla fine ci dobbiamo porre due domande. Quando è stata l’ultima volta che ho detto a Dio “perdonami; so che questo è sbagliato; lo farò in modo diverso”?
Seconda domanda. Quando è stata l’ultima volta che ho detto ad una persona sinceramente “perdonami, ho sbagliato”?
Un nostro cantante dice: “Potrebbe essere più facile morire che dire ‘perdonami’”.
Se non ci ricordiamo quando abbiamo chiesto perdono non significa che siamo senza peccato. E’ un gran pericolo. O non abbiamo la forza o non abbiamo la capacità di guardare come siamo veramente.
E’ molto pericoloso se veniamo a Messa e chiediamo a Dio di perdonare i nostri peccati e poi rimangono solo le parole mentre il nostro cuore non ha mai sentito il pentimento. E’ diventata solo una frase che pronunciamo spesso e invece non sappiamo girarci verso qualcuno e dire “perdonami”.
Il Signore ci doni la grazia di poter vedere i nostri errori e di saper essere misericordiosi affinchè anche Lui possa essere misericordioso con noi.
Amen.

Fonte: Registrazione F.Deagostini – Trascrizione A. Bianco

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