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Richiesta di preghiere

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Per la Richiesta di Preghiere è possibile da oggi utilizzare il MODULO che si trova qui a sinistra.

Le intenzioni saranno oggetto della preghiera comunitaria durante l'incontro del
Gruppo di Preghiera Regina della Pace ogni Giovedì.

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martedì 31 dicembre 2013

Apparizione straordinaria a Ivan del 30 dicembre 2013 alle ore 22: 00 sul Podbrdo

Vorrei avvicinare e descrivere anche a voi ciò che è più importante dell’incontro di stasera. Anche stasera la Madonna è venuta a noi molto gioiosa e felice.
Ci ha salutato tutti col suo materno saluto:

“Sia lodato Gesù, cari figli miei!”.

Poi la Madonna ha pregato per un tempo prolungato qui su tutti noi con le mani distese e dopo ha detto:

“Cari figli, anche oggi in modo particolare desidero invitarvi: siate miei portatori di pace in questo mondo inquieto. Pregate per la pace. Vi invito, cari figli, a perseverare nella preghiera. Sappiate che io prego insieme con voi e che intercedo per tutti voi presso mio Figlio. Grazie, cari figli, anche oggi per aver risposto alla mia chiamata”.

Poi la Madonna ci ha benedetto tutti con la sua benedizione materna e ha benedetto tutto quello che voi avete portato perché fosse benedetto.

Ho raccomandato tutti voi, tutti i vostri bisogni, le vostre intenzioni, le vostre famiglie e in modo particolare gli ammalati.
Poi è seguita una conversazione mia con la Madonna e della Madonna con me, che rimane solo tra di noi.
Dopo questa conversazione, la Madonna se n’è andata in preghiera, nel segno della luce e della croce, col saluto:

“Andate in pace, cari figli miei”.

Questo è ciò che è più importante dell’incontro di stasera.

Video della lettura del Messaggio dopo l’Apparizione

Fonte: profilo FB di Euplio Chiavuzzo

lunedì 30 dicembre 2013

Apparizione straordinaria a Ivan sul Podbrdo alle ore 22:00

 

Questa sera alle ore 22:00 sul Podbrdo apparizione straordinaria ad Ivan.

Non è certa, ma probabile una diretta audio da seguire sul sito di MaryTv 

(grazie dell’avviso a Vittorio)

domenica 29 dicembre 2013

Commento al messaggio da Medjugorje del 25 dicembre 2013 - Santo Natale

 

"Cari figli! Vi porto il Re della pace perché Lui vi dia la Sua pace. Voi, figlioli, pregate, pregate, pregate. Il frutto della preghiera si vedrà sui volti delle persone che si sono decise per Dio e per il Suo Regno. Io con il mio figlio Gesù vi benedico tutti con la benedizione della pace. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

La veggente Marija Pavlovic Lunetti a Radio Maria:

Marija: La Madonna questa sera, come ad ogni Natale, è arrivata con Gesù Bambino in braccio, era serena e aveva i vestiti dorati. Nel momento dell’apparizione io ero in trepidazione perché l’anno scorso la Madonna non aveva dato il messaggio ma aveva parlato Gesù Bambino, che aveva detto: “IO SONO LA VOSTRA PACE. VIVETE I MIEI COMANDAMENTI”. Mi aspettavo che succedesse ancora qualcosa di diverso, invece la Madonna con serenità ha dato questo messaggio con gioia e, assieme al suo Bambino Gesù, ha dato la benedizione.

P. Livio: Però ha detto: “Vi porto il Re della pace perché Lui vi dia la sua pace”. Quelli che non hanno questa pace che dà Gesù, puoi spiegarmi come possono ottenerla?

Marija: Penso che la Madonna ha già risposto dicendo: “Voi, figlioli, pregate, pregate, pregate e il frutto della preghiera si vedrà sui volti delle persone che si sono decise per Dio e per il suo regno...”. Se abbiamo Dio, abbiamo già trovato la pace, la gioia e la serenità delle persone che sono di Dio in ogni situazione.

P. Livio: Una volta la Madonna ha dato a Mirjana un messaggio come questo: “Se accoglierete il Re della pace, questo secolo sarà un secolo di prosperità e di pace”. Cioè un messaggio di grande speranza.

Marija; Si. La Madonna non ha mai perso la speranza, sempre ce la dona e sempre ripete che la speranza è contenuta nel messaggio che Lei dà. Infatti dice: “Convertitevi e cambiate la vostra vita”. Molte volte ci ha detto che non possiamo andare avanti così. Nell’anno santo ci ha detto:“Senza Dio non avete né futuro, né vita eterna”. Non abbiamo un futuro se non abbiamo Dio, se non mettiamo Dio al primo posto nella nostra vita. Senza Dio non abbiamo né futuro, né pace, né prosperità, perché uno che non ha Dio è una persona non completa; invece quando abbiamo Dio viviamo in armonia.

P. Livio: La Madonna parla sempre di pace nei nostri cuori e pace nelle famiglie, forse perché il Natale è anche un po’ la festa della famiglia.

Marija: Questa festa di Natale si sente ancora qui a Medjugorje come festa della famiglia. Già in Avvento noi la mattina alle sei abbiamo le Sante Messe dell’Aurora e ogni mattina la chiesa era piena, soprattutto di giovani. Qui si vede lo spirito natalizio che ancora vive della tradizione: con la Messa, la preparazione per il Natale, l’idea della Sacra Famiglia come modello di famiglia unita e l’idea della festa di Natale come festa di famiglia.

P. Livio: Sono arrivato da due giorni e ho visto che in questi giorni non ci sono molti pellegrini, ma sono proprio i parrocchiani che partecipano moltissimo alle funzioni.

Marija: Si. Oggi però per la S. Messa degli italiani, la cappella dell’adorazione era strapiena. Ho visto anche un gruppo di tedeschi e c’era un gruppo anche alla Messa dei francesi. Ho sentito che stanno arrivando molti pellegrini già da domani, soprattutto dall’Italia, per gli ultimi giorni dell’anno.

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Marija ha quindi pregato il “Magnificat” e il Gloria.

... e Padre Livio ha concluso con la benedizione.

Marija e P. Livio

 

Fonte: Medjugorje Oggi

Preparazione alla Confessione (3)

 

Messaggio del 7 novembre 1983 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
”Non confessatevi per abitudine, per rimanere come prima, senza alcun cambiamento. No, così non va bene. La confessione deve dare un impulso alla vostra vita, alla vostra fede. Deve stimolarvi ad avvicinarvi a Gesù. Se per voi la confessione non significa questo, in verità vi convertirete molto difficilmente.”

 

PREPARAZIONE ALLA CONFESSIONE  (3)

Medjugorje, 07/10/13
Padre Luigi, cappuccino

Ci sono alcuni peccati che facciamo fatica a riconoscere.
Altro peccato è la magia: farsi leggere le mani, le carte, portare amuleti, ricorrere a tutte queste cose orientali. Vanno tutte contro il primo comandamento: “Non avrai altro Dio all’infuori di Me”. Il reiki, la pranoterapia, lo yoga...“facciamo la ginnastica”… No, non è vero, perché è un modo di meditare della religione induista. Quando facciamo il mantra. Il mantra è l’invocazione di una divinità. Lo yoga mi porta a fare che cosa? Ad unirmi con la divinità. Quindi quando pronuncio quel nome è il nome di una divinità. Ma ci può essere un altro Dio all’infuori della Trinità? No. Quindi cosa sto nominando? Che Dio sto nominando? Dietro c’è proprio tutto questo. I chakra. Non fatevi mettere le mani addosso. Non fatevi aprire nessun chakra, perché dietro l’apertura dei chakra c’è il risveglio della Kundalini. Sapete cos’è la Kundalini? E’ lo spirito del serpente che dalla punta della spina dorsale risale lungo tutta la spina e ti arriva in testa, perché così ti apre alla divinità attraverso i punti energetici.
Capite cosa c’è dietro? La Bibbia chiama l’antico serpente con un altro nome. Ti mette in contatto con la divinità... Quale? Perché per entrare in contatto con il Padre c’è solo una strada: Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, fattosi Carne nel grembo verginale di Maria. E’ attraverso di Lui che noi diventiamo una cosa sola con Dio Padre nello Spirito Santo. Non ci sono tecniche e non ci sono altri dei. Tutto questo va contro il primo comandamento che è il più grave.
Quando a Fatima la Madonna ha portato i tre pastorelli a vedere l’Inferno... perché l’Inferno esiste, è un dogma di fede, Catechismo della Chiesa Cattolica. Anche se il sacerdote vi dice che non è così, non credeteci. Perché se ve lo dice rispondete: “Tu sei ministro di Cristo e della Sua Chiesa, non delle tue idee”. Io non vi devo dire le mie idee. Vi devo dire il pensiero di Cristo attraverso la Sua sposa che è la Chiesa. Quindi l’esistenza dell’Inferno c’è nel Vangelo ed è un dogma di fede. Dogma significa che la Chiesa ha una verità chiara per cui diventa un dogma. Noi, con la nostra fede, dobbiamo dare l’assenso dell’intelletto e della nostra volontà. Quindi l’Inferno esiste.
La Madonna, quando ha portato i tre pastorelli di Fatima, tre bambini di 7, 9 e 11 anni, non si è preoccupata di dire: “Ah, poverini. Li spaventerò, Avranno paura”. perché la verità è quella. Scusatemi... Ai vostri figli, quando erano piccoli, avevate paura di togliere la mano dalla presa della corrente? “No... Che se lo strattono magari viene il trauma al bimbo...” Ma se mette le due dita ti muore il bimbo, giusto? E tu gli dici: “No! Lì non si mettono. Lì si muore!”
La Madonna, che è mamma, ha fatto la stessa cosa. Se io dico che l’Inferno non esiste fate quello che volete. Non vi preoccupate...Vi faccio male. Quando la Madonna li ha portati a vedere l’Inferno, quando sono tornati Lucia scrive nella sua relazione - prendiamo Fatima, perché è stata approvata dalla Chiesa, così nessuno può dire nulla: “Era talmente l’odio di quelle anime dannate che se non ci fosse stata la Madonna a proteggerci saremmo morti per quell’odio”.
Lucia dice alla Madonna: “Mamma, ma qual è il peccato più grave?’ E la Madonna risponde: “Il peccato più grave è l’idolatria”. Dare culto a qualcosa o a qualcuno che non è Dio. Consacrare la propria esistenza a qualcosa o qualcuno che non è Dio. La magia vi porta in questa direzione.
L’induismo, la pranoterapia vi portano in questa direzione. Non c’è bisogno di Dio! Il reiki... “Ti guarisce l’energia universale! Ti guarisce il mio potere!” Questo è mettere un altro al posto di Dio, di Gesù Cristo, che è l’unico che ti guarisce dalle malattie del corpo e dello spirito. Questo và contro il primo comandamento che è il più grave. Quindi attenzione: confessateli questi peccati.
L’odio. Attenzione all’odio. Abbiamo ascoltato il secondo figlio oggi nella parabola, il quale non voleva perdonare suo fratello. Ma non perdonando suo fratello non è entrato alla festa. “Ma come? Tu hai perdonato lui che ha fatto questo, quello e quell’altro? Io non lo voglio perdonare”. Non è entrato alla festa. Bisogna perdonare, perché se non perdoni non entri alla festa dell’Amore di Dio! Quel figlio è rimasto lì. Quando non perdoniamo il male lo facciamo a noi stessi, perché ci mettiamo fuori dall’Amore di Dio. Ci mettiamo fuori dalla gioia di Dio. Ci mettiamo fuori dalla vita eterna. Pensate che nel Padre Nostro, la preghiera dei figli, noi riconosciamo Dio come Padre, Gli chiediamo di santificare il Suo Nome, di realizzare il Suo Regno, di realizzare la Sua Volontà in noi come si vive in cielo, di donarci il pane quotidiano, di perdonarci i peccati, di aiutarci nella tentazione, di non farci soccombere dal maligno. Quindi chiediamo a Dio di fare Lui. Una cosa soltanto ci impegniamo a fare. Qual è? Perdonare. Gesù l’ha messa così la preghiera. Una sola cosa. Difatti Gesù, se prendete i Vangeli, alla fine del Padre Nostro conclude: “Perché se non perdonerete di vero cuore ai vostri fratelli, il Padre vostro che è nei cieli non vi perdonerà”.
Significa che quando noi non perdoniamo diciamo a Dio: “Non mi perdonare”. Allora hai voglia ad andare dal prete a dire: “Io voglio chiedere perdono di questo e quest’altro...” Se non sei disposto a perdonare, non c’è perdono che possa scendere su di te.
D: Il perdono è un processo o un atto di volontà?
R: Il perdono è un atto volontario come è l’amore... L’amore non è un sentimento. Perché se l’amore fosse un sentimento... Chi è sposato qui? Chi sta ancora col marito o con la moglie? Se l’amore fosse un sentimento vi sareste lasciati il giorno dopo il viaggio di nozze. Giusto? L’amore è un atto libero, di volontà. Noi scegliamo di volere il bene dell’altro. Questo possiamo farlo sempre. Anche quando dentro non lo sentiamo. Anche quando i  nostri sentimenti dentro vanno all’opposto. Dentro sento questo, ma scelgo diversamente.
D: Possiamo perdonare e non voler vedere più queste persone?
R: No. Mi spiego in che senso...
D: Ma se io voglio perdonarlo e lui non vuole più vedermi?
R: Questa è un’altra questione. Un conto è che l’altro non voglia avere più niente a che fare con te, un conto è che io lo perdono, ma non voglio avere più niente a che fare con lui. Il primo va bene, perché non puoi costringere l’altro a volermi bene. Tu devi sanare la tua situazione. Il processo del perdono parte da un atto di volontà, perché se tu non scegli di perdonare, non scegli di volere il bene dell’altro fino a dargli la vita, non può succedere, non può iniziare il processo. Il perdono è un atto anche divino. Ma Dio, come ho detto prima, non può donarti nulla, non può scendere in te, non può sanare il tuo cuore, se tu non lo vuoi.
D: Ma è lacrime e sangue...
R: Prova a chiedere a Gesù sulla croce cosa significava. Oh cara mia, hai voglia...
Nel processo del perdono Gesù ci fa fare un cammino. Se prendiamo il Vangelo
ad un certo punto Gesù dice: “Vi fu detto ‘amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”, ma Io vi dico “amate i vostri nemici”.
Primo passo: scegli di volere il bene del nemico. Scegli di camminare in questo modo. Secondo: scopri di avere un nemico. Perché se io ti chiedo: Hai qualcuno a cui devi perdonare? “Ma no. Sono in pace con tutti...” Un’altra domanda: Ma c’è qualcuno che quando lo vedi provi in fondo al cuore un pò di
amarezza per quello che hai vissuto? “Eh, si padre”. Benissimo... Diamo un nome al nostro nemico, perché se non so che ho un nemico non capisco che devo perdonare. Facciamo verità nei nostri cuori. Diamo un nome al nemico, perché devo poi scegliere di amare, di perdonare. “Amate i vostri nemici”. Una volta che ho scoperto che ho un nemico e sono disposto a camminare verso il perdono, Gesù dice il secondo passo: “Pregate per coloro che vi perseguitano”. Il primo punto: la preghiera. Perché? Perché quell’amore fino a dare la vita è l’Amore di Dio. E se non ti apri a Lui nella preghiera, perché Lui lo metta in te, tu non lo puoi dare, perché non ce l’hai.
Secondo passo: il cammino della preghiera.
Quando dico alla gente di perdonare dico: “Vai davanti all’Eucarestia ogni giorno e fai questa preghiera: “Gesù, guarda, io voglio perdonare come Tu mi chiedi. Aiutami in questo momento”. Indichi la persona e gli dici: “Alfonso (un nome ipotetico), ti perdono per quando mi hai fatto questo e questo”.
Secondo passo: benedire. Benedire significa volere la vita per l’altro. “Gesù, con Te voglio benedirlo”. “Alfonso, ti benedico per quando mi hai fatto questo e detto quest’altro”.
L’ultimo passo della preghiera del perdono è dire “grazie”. “Signore, Ti ringrazio per il dono di Alfonso. Grazie per quando mi hai fatto questo e quest’altro”. Perché quando dico “grazie” riconosco almeno due cose. Riconosco che nel mio dolore Gesù non mi ha abbandonato. Mi ha sostenuto. Perché se non ho fatto un gesto malsano, né verso di me né verso l’altro, vuol dire che Tu con la Tua grazia mi hai sostenuto. Secondo: dire “grazie” significa riconoscere che quel momento doloroso è stato anche un momento di grazia. Perché? Mi spiego. Se Gesù dice che non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici. Vuol dire che per amare fino a dare la vita ci deve essere qualcuno che questa vita me la deve chiedere. Gesù, quando parla della Sua croce che cosa dice? “E’ la Mia gloria”. “Padre, glorifica Tuo Figlio”. “Padre glorifica Tuo Figlio, perché il mondo sappia quanto Ti amo”. Gesù sta dicendo al Padre: “Papà, dammi la forza di andare sulla croce, perché Io possa andare sulla croce per far vedere al mondo quanto Ti amo davvero, fino a morire per Te”. Gesù parla della Sua croce come la gloria.
San Francesco diceva ai frati: “Guardate che i nostri veri benefattori sono quelli che ci perseguitano, perché soltanto loro ci aiutano ad amare come il Figlio di Dio, come Gesù”. Fino a dare la vita.
Questo significa convertirsi, cioè vedere la vita con gli occhi di Dio, per essere Suoi figli.
Ecco perché posso dire “grazie”. Guardate, fatela questa preghiera.Quand’è che scoprite se veramente avete perdonato, se il vostro cuore è libero?
Quando, dopo aver fatto questa preghiera - a volte ci vuole un giorno, due giorni, un mese, un anno, dipende da come è la nostra ferita e da come apriamo il cuore a Cristo - arriva un momento che Gesù davvero purifica quella ferita in noi e lo scopro quando pensando a quella persona mi sento in pace. Addirittura sperimento la gioia per quella persona. Quando avviene questo - e avviene, ve lo garantisco per esperienza personale e per esperienza di coloro che hanno vissuto questa preghiera - allora avete perdonato.
Qual è, allora, l’ultimo passaggio, perché davvero il perdono diventi amore? Nel terzo passaggio Gesù dice: “Fate del bene a coloro che vi fanno del male” Quando siamo disponibili a far loro del bene. Quando quella persona si troverà in difficoltà e arriverà, magari, a bussare alla porta o vado io a darle una mano o quando mi chiede una mano e io sono disposto a farlo, lì c’è la guarigione piena.
Questo è il processo del perdono.
D: Quindi ci sono tutti e due: la volontà e il processo.
R: Certo, perché se tu non vuoi non succede nulla.
D: Però non è istantaneo.
R: Non ho detto che è istantaneo. A volte può anche esserlo. Più lasciate il risentimento, la rabbia diventare odio, più difficile sarà sradicarlo.
Quando fate l’orto a casa, se lo trascuri un pochino, l’erbetta da corta si è già radicata. Dopo ti tocca sradicare tutto l’orto per fare pulizia. Se, invece, l’avessi tolta quando era appena spuntata tiravi via facilmente anche le radici. Non ti costava nulla. Farlo dopo ti costa l’orto. Lo stesso succede nel nostro cuore. Se lasciamo che la pianta del risentimento diventi rabbia, rancore e odio il processo contrario è doloroso. Quindi, se vi volete bene, perdonate subito, quando succedono queste cose. Davvero, fermatevi un attimo e fate questa preghiera fino a quando vedete che la pace scende nel cuore. Ti bastano 5 o 10 minuti. Se lo lasci lì sradicarlo dopo diventa difficile.
Va bene.
Io avrei finito.

Fonte: IdM (Trascrizione curata da Andrea Bianco)

Preparazione alla Confessione (2)


Messaggio del 2 agosto 1981
(Messaggio straordinario)
Su richiesta dei veggenti, la Madonna concede che tutti i presenti all’apparizione possano toccarle il vestito, il quale alla fine rimane imbrattato: «Coloro che hanno sporcato il mio vestito sono quelli che non sono in grazia di Dio. Confessatevi frequentemente. Non lasciate che nella vostra anima rimanga a lungo anche soltanto un piccolo peccato. Confessatevi e riparate i vostri peccati».

 

PREPARAZIONE ALLA CONFESSIONE  (2)

Medjugorje, 07/10/13
Padre Luigi, cappuccino

Voi che siete genitori. Quando diamo le cose troppo facili ai figli i figli non le apprezzano, vero? O no? Noi siamo uguali, perché siamo figli d’innanzi a Dio. Allora il Signore ha bisogno che noi ci rendiamo conto di quello che avevamo perso. Ecco quando vado dal sacerdote e dico i miei peccati. Dico i miei peccati... Non gli ha fatto sconti il padre. Va bene?
Allora, quando vi andate a confessare non fatevi sconti! Non fatevi sconti. Noi preti abbiamo a volte l’abitudine nefasta... Due sono gli atteggiamenti: O uccidiamo le persone – “come ti sei permesso” - oppure “ma non hai fatto nulla. Ma non ti preoccupare” Non è vero! Perché il tuo peccato è costato la vita di Cristo. Capiamolo questo. Per essere riconciliati con Dio Padre Gesù è dovuto andare sulla croce. Per essere riconciliati con il Padre Gesù ha dovuto attraversare la morte. Sapete cosa significa per Colui che è la vita dover attraversare la morte? E’ come se Gesù avesse rinnegato tutto ciò che Lui è. Lui che è la vita ha dovuto attraversare la morte. E’ una cosa che noi non possiamo neanche immaginare. Il peccato mio e vostro ha fatto questo. Allora... Né da una parte si deve uccidere la persona, ma neanche dall’altra, perché uccidiamo anche così, si deve omettere di far prendere coscienza di cos’è il peccato.
Va bene. Allora... Abbiamo bisogno di sperimentare cos’è il peccato. Non fatevi mai sconti. Mettetevi nella verità d’innanzi a Dio.
Quando vi andate a confessare preparatevi prima. Chiedete il dono dello Spirito Santo, Lui che è lo Spirito della Verità. Cosa dice Gesù’ “Se non vado al Padre non posso mandarvi il Consolatore, lo Spirito di Verità, Colui che vi porta la Verità tutta intera”. Ma la verità dell’Amore di Dio, di quanto Dio ti ama è la verità di te stesso, di chi sei realmente, di ciò che vivi dentro.
Lo Spirito è l’unico che può convincere, dice Gesù, in quanto al peccato, al giudizio, alla giustizia. Chi è che ci aiuta a comprendere la profondità di cos’è il peccato è lo Spirito Santo. Quindi non andatevi a confessare così: “Beh, vado...” “Padre, non so cosa dire”. “Cosa sei venuto a fare? potevi stare a casa”. Va bene? Ma non perché ho un blocco; perché non mi sono neanche messo lì a dire: “Signore, fammi capire qual è il mio peccato.” Allora prepariamoci, perché è talmente grande il mistero che viviamo... Noi siamo abituati a buttare tutto: alla Messa andiamo 5 minuti dopo che è  iniziata. Guai ad andarci prima. Magari ci viene il mal di pancia. A confessarci andiamo senza un minimo di preparazione... Ma Dio ci sta dando la vita lì. Abbiamo bisogno di comprendere quello che facciamo e preparare la nostra persona ad accogliere il dono di Dio.
Prima di confessarsi c’è la preghiera. Nella preghiera si sviluppa il pentimento. Il processo che fa il figlio è quello del pentimento, quello di tornare indietro, della conversione, che è la parte più importante del sacramento della Riconciliazione. Non è il segno di croce del prete: “Ti assolvo da tutti i tuoi peccati”. La parte più importante è il pentimento della persona. E il pentimento, quello vero, quello che Dio vuole che noi viviamo, non è quello di questo figlio. Probabilmente è cominciato con la fame e mentre tornava indietro si è anche reso conto di cosa è significato anche per il padre il suo allontanamento. Ma il pentimento che Dio vuole da noi è questo: comprendere alla Sua luce, alla luce dello Spirito Santo, che quello che noi abbiamo fatto - nelle parole, nei gesti, nei pensieri, nelle opere - è stato rifiutare l’Amore di Dio, dire “no” a Dio, vivere come se Dio non esistesse. Capire questo è avere nel cuore il dispiacere del dolore procurato a Dio. I genitori, quando i figli prendono strade brutte, come si sentono? Male, vero? Anche impauriti. Questo però procura sofferenza, giusto? Dio, che è davvero Padre, vive la stessa identica cosa.
Il pentimento mio deve essere questo. Non tanto perché mi vedo brutto, perché faccio schifo, perché non ne posso più della vita che faccio... Ho fame torno indietro.. Va bene, Dio si accontenta anche di questo. Ma il vero pentimento è essere dispiaciuti di aver dato dispiacere a Dio che è mio Padre. E’ il timore di Dio.
Una volta venne una mia amica - io ero già diventato frate - a parlare con me, perché era rimasta incinta e non era sposata. La sua preoccupazione era come dirlo al padre, ma non perché il padre fosse violento e chissà cosa avrebbe potuto farle, ma per il dispiacere che avrebbe potuto dare a questo padre. Questo dispiacere dobbiamo averlo verso Dio, che è davvero nostro Padre. Il timore di Dio. Il pentimento si inserisce qui. Capire alla luce di Dio ciò che ho vissuto; comprendere che ciò che ho vissuto è stato rinnegarLo; avere il cuore addolorato per questo. Non perché mi vedo brutto, non perché non vorrei essere così, non perché mi da fastidio quello che ho vissuto, non perché vorrei essere diverso... No. Perché ho fatto soffrire il cuore di mio Padre, che mi ama davvero dando il Suo Figlio per me.
E l’ultimo passaggio del pentimento è decidere di vivere diversamente. Perché se io non voglio vivere diversamente non c’è pentimento. E allora hai voglia a dire “ti assolvo”… Non succede nulla! Il perdono di Dio non scende, perché Dio non ti può dare ciò che tu non vuoi.
Abbiamo detto che l’amore si vive nella libertà. Dio non può darti il Suo Amore, la Sua Misericordia se tu non la vuoi. Quando non ti penti del peccato tu non vuoi l’Amore misericordioso di Dio. Pentirsi significa uscire dalle situazioni di peccato.
Sono sposato... Ho l’amante... Mi vado a confessare che sono dispiaciuto, ma
non esco da quella situazione. Non c’è pentimento. Non scende la Misericordia di Dio.
Ho risentimento. Odio una persona. Capisco che è brutto, mi vado a confessare, ma non sono disposto a perdonare. Non c’è pentimento. Non succede nulla!
Difatti il nostro compito, come pastori, come amministratori della Misericordia di Dio, è quello di capire se c’è un pentimento. Alcune volte mi è capitato di non poter dare l’assoluzione. Non che non la vuoi dare... Non la puoi dare, perché non c’è il presupposto. Perché se non vuoi perdonare una persona...Hai voglia che io ti dica... Non succede nulla e se lo faccio ti inganno.
D: Quando Lei non da l’assoluzione la persona come reagisce?
R: male. E’ dispiaciuta, ma sono dispiaciuto più io di lei.
Devo farti capire che non succede nulla se non vuoi cambiare. Se non sei disposta a voler l’Amore di Dio, Dio ti lascia libero. Guardate che Dio rispetta la nostra libertà. Si fa impotente dinnanzi alla nostra libertà. Ecco perché la parte più importante di questo sacramento è il vostro pentimento, che si fa nella preghiera.
D: Che differenza c’è tra pentimento e rimorso?
R: Mettiamola così... Il rimorso è diverso anche dal senso di colpa. Il senso di colpa non serve a nessuno. Il senso di colpa è quello di Giuda che alla fine lo porta a suicidarsi. Il senso di colpa nasce dall’accusa che facciamo a noi stessi e dal non credere nell’amore di Dio, nella Misericordia di Dio. Nella possibilità che Dio mi perdoni. Dio non se ne fa nulla di questo. Dio ci fa vedere la nostra condizione miserevole e a volte neanche fino in fondo, perché a volte non siamo neanche in grado di portare questo peso. Ci fa vedere il tanto che basta perché noi diciamo: “Signore, io ho bisogno di essere perdonato, perché io davvero Ti ho offeso. Voglio il Tuo perdono”.
Il rimorso è la coscienza che in qualche modo mi dice che in quella cosa non ho fatto il bene. Poi sta a te accogliere questo. Se io accolgo questa cosa e chiedo perdono a Dio nasce il pentimento e mi vado a confessare. Se non lo faccio mi rimane lì. Il rimorso è quel richiamo che la coscienza fa a noi, dove Dio parla e dice: “Guarda che qui ti stai facendo male. Stai camminando nella via del male e non nel bene. Ravvediti. ChiediMi perdono”. Lì nasce il pentimento se io accetto questa cosa, altrimenti no. Ma il pentimento è quell’atto che io faccio; quella presa di coscienza dinnanzi alla luce di Dio. Perché il primo che fa il passo è sempre Dio. E’ Lui che viene a cercarmi. Quando c’è il pentimento vero c’è la vera liberazione: dalle colpe e dalle pene. La colpa ci fa meritare l’Inferno, la pena è ciò che noi dovremmo scontare. Quando c’è il pentimento pieno il Sangue di Gesù cancella tutte e due. Quando non c’è il pentimento vero, ma c’è l’attrizione, si chiama in gergo questo chiedere a Dio perdono per altre motivazioni, ci viene cancellata la colpa, ma ci rimane la pena, che scontiamo o qui o in Purgatorio. Quando non c’è il pieno pentimento vuol dire che noi rimaniamo ancora attaccati a quel peccato. Non permettiamo al Sangue di Gesù di arrivare in fondo alla nostra volontà, tanto da sradicare questo attaccamento che noi abbiamo scelto attraverso il peccato. Ci rimane quel filo.
Il vero pentimento mi deve portare ad odiare il peccato. Non devo odiare né me stesso né gli altri, solo il peccato. Perché Dio odia il peccato; non odia l’essere umano, la Sua creatura. Ma il peccato lo odia. Il pentimento mi porta ad odiare il peccato. L’attrizione, invece, non mi porta ad odiare il peccato. Mi fa odiare le conseguenze del peccato, ma non il peccato.
Quindi la mia volontà rimane ancora legata. Non perché Gesù non voglia liberarmi, non glieLo permetto io. Mi libera dalla colpa, ma mi rimane la pena. Permetto al Signore di purificarmi quando accolgo tutto ciò che vivo che può essere la sofferenza, l’umiliazione, … Quando l’accolgo e ne faccio un atto d’amore al Signore Lui purifica la mia volontà dagli attaccamenti al peccato. Se non lo faccio mi tocca farlo in Purgatorio. Vi assicuro che è meglio farlo di qua. Fidatevi. Cercate veramente di aprire il cuore di qua. Andiamo davanti a Lui con la coscienza purificata dal Sangue di Suo Figlio.
Quindi... La parte più importante è il pentimento.
Poi c’è l’accusa dei peccati. Ogni peccato di cui sono consapevole e non lo accuso non mi viene perdonato. Non nascondeteveli i peccati, non vi serve! Invece di vergognarvi davanti al prete dovevate vergognarvi prima di fare il peccato. Non ha senso che ti vergogni dopo. Il prete non sta lì a pensare: “Guarda questo come fa schifo”. Può anche pensarlo... Ma cosa interessa! Non mi interessa questo. L’altro può pensare quello che vuole. Io sono lì per essere purificato dal Sangue di Gesù e poter riaccogliere l’Amore di Dio. Per tornare ad essere Suo Figlio. Allora il prete può pensare di me quello
che vuole. Non mi interessa. “Ma il prete si è arrabbiato!” Non vi interessa. L’importante è che voi siete pentiti, mettete il peccato lì e ricevete il perdono di Dio. Questo è l’essenziale. Se trovate quello che si arrabbia, se trovate quello che dice che va bene tutto, voi non vi preoccupate. Dite il vostro peccato. La Madonna qui a Medjugorje, lo abbiamo sentito oggi, dice: “La confessione almeno una volta al mese”. Per fare un vero cammino cristiano dobbiamo confessarci almeno una volta al mese. Il minimo è una volta al mese. Ma se ci andiamo di più è ancora meglio. I santi si confessavano più spesso.
D: Se veniamo a dirLe, come Le ho detto prima “non so cosa dirLe”, Lei ci sgrida.
R: No. Infatti ti ho lasciato lo schema per l’esame di coscienza, in modo che quando vieni ti prepari.
Quindi, vi dicevo... Se trovate il sacerdote che vi dice “ma sei venuto 15  giorni fa, non serve; ma che peccati avrai mai fatto?”, dite al sacerdote: “A te non deve preoccupare questa cosa. Sei lì per me. Ti hanno fatto sacerdote per amministrare i beni di Dio a me che sono Suo figlio. Altrimenti potevi fare a meno di fare il prete”. Fidatevi che i sacerdoti, quando glielo dite, la prossima volta non ve lo diranno più. E neanche vi diranno nulla, perché sanno che è così.
Padre Pio si confessava una volta in settimana. L’ultimo periodo della vita una volta al giorno. Perché quando veramente entri nella comunione profonda con Dio e con il Suo Amore comprendi anche il più piccolo “no”. Il più piccolo “no” ti pesa. Vuoi che Lui ti purifichi per poter gioire veramente della pienezza di questo Amore. Iniziamo una volta al mese, ma se sentite l’esigenza fatelo anche più spesso, perché quando ci confessiamo Dio ci ridona la dignità di figli, la libertà dal peccato. Ci fa sperimentare l’Amore Suo, ma ci da anche le grazie per poter crescere nell’Amore di Dio. Ogni volta che ci confessiamo la luce di Dio risplende ancora di più dentro di noi, il che significa che siamo più capaci di dire di “sì” al bene e di dire “no” al male. Meno ci confessiamo e più ci sembra che non facciamo nulla e più teniamo i macigni sulla nostra coscienza.
La confessione frequente purifica anche la mia coscienza. La fa diventare più cristallina, capace di ricevere la luce di Dio in maniera più grande e quindi di corrispondere in maniera più grande all’amore di Dio. C’è una crescita. Quindi: non preoccupatevi di ciò che pensa il sacerdote, né se vi dice peste e corna né se vi dice che non avete fatto nulla. Voi confessate il vostro peccato e basta. Se vi dice che andate troppo spesso ditegli: “Tu sei lì per questo. Per donarmi il perdono di Dio. Siccome io ne ho necessità tu rimani lì”. Quando verrai la prossima volta non te lo dirà più.
E’ importante poi questo: non giustificatevi dei vostri peccati. “Padre, io chiedo perdono perché ho mandato a quel paese mio marito, però è stato lui.., perché lui mi ha detto questo, perché lui sa come io sono, perché mi ha detto quella cosa?” Ci stiamo giustificando. Quando ci giustifichiamo sapete cosa significa? Che diciamo a Gesù: “Tu potevi non morire per me, perché io mi salvo da solo”. Invece siate spietati con voi stessi. Il mio peccato è questo! E non trovo giustificazioni. Ma soltanto, Signore, mi fido della Tua Misericordia. Perdonami. Siate sicuri che Gesù vi dirà: “Non ti preoccupare. Io ho dato il Sangue per te”. Ci giustifica Lui, perché l’unico che può giustificare è Gesù. Non siamo noi. Quindi, non giustificatevi quando vi andate a confessare. Siate spietati. Chiamate per nome i vostri peccati e rimetteteli nella Misericordia di Dio.
Questo è l’iter della Confessione. Quando abbiamo una Confessione così
davvero proviamo i benefici che sono la pace, l’amore, la gioia, il sentirsi
più leggeri.

Fonte: IdM  (Trascrizione curata da Andrea Bianco)

mercoledì 25 dicembre 2013

Messaggio a Marija del 25 dicembre 2013

"Cari figli! Vi porto il Re della pace perché Lui vi dia la Sua pace. Voi, figlioli, pregate, pregate, pregate. Il frutto della preghiera si vedrà sui volti delle persone che si sono decise per Dio e per il Suo Regno. Io con il mio figlio Gesù vi benedico tutti con la benedizione della pace. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

Messaggio annuale a Jakov del 25 dicembre 2013

Nell'ultima apparizione quotidiana del 12 Settembre 1998 la Madonna ha detto a Jakov Colo che avrebbe avuto l'apparizione una volta all'anno, il 25 Dicembre, a Natale. Così è avvenuto anche quest'anno. La Madonna e venuta con il Bambino Gesù tra le braccia. L'apparizione è iniziata alle 15 e 7 ed è durata 8 minuti. Jakov , dopo di che , ha trasmesso il messaggio:

“Figlioli, Gesù oggi in particolar modo desidera abitare nei vostri cuori e condividere con voi ogni vostra gioia e ogni dolore.
Perciò figlioli in special modo guardate nel vostro cuore e chiedetevi se veramente la pace e la gioia con la nascita di Gesù ha conquistato il vostro cuore.
Figlioli non vivete nel buio, ma cercate di andare verso la luce e verso la salvezza di Dio. Figli decidetevi per Gesù e donate a lui la vostra vita e i vostri cuori, solo così l'onnipotente potrà lavorare con voi è per mezzo di voi.”

Sartre, l' ateo che decise di inchinarsi a Gesù


Natale 1940: lo scrittore francese, internato in un campo di prigionia tedesco, compone un racconto da recitare in una baracca. È il testo teatrale Bariona, ou le Fils du tonnerre.

Incontriamo un Sartre inedito che per un istante sembra commuoversi per l’affezione stupita di Maria, lo sguardo di Giuseppe e la speranza dei Magi e dei pastori davanti al Dio bambino.

Sartre, l' ateo che decise di inchinarsi a Gesù
Natale 1940 in un campo di prigionia tedesco

La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L’ha portato nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: Dio è là e si sente presa da un timore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Poiché tutte le madri sono così attratte a momenti davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino e si sentono in esilio davanti a questa nuova vita che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre poiché egli è Dio ed è oltre tutto ciò che lei può immaginare.
Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della sua condizione umana davanti a suo figlio.
Ma penso che ci sono anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa: «Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia». E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive. Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l’espressione di tenera audacia e di timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino-Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride. Questo è tutto su Gesù e sulla Vergine Maria.

sabato 21 dicembre 2013

La visitazione di Maria

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Dal «Commento su san Luca» di sant'Ambrogio, vescovo

La visitazione di Maria

L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.
    Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo» (cfr. Lc 1, 41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.
    Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.
    Esultò Giovanni, esultò anche lo spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito santo, si dice che allora il suo spirito esultò. Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta, fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.
    «Beata - disse - tu che hai creduto» (cfr. Lc 1, 45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.
    Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima, che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.
    Come avete potuto leggere anche altrove: «Magnificate il Signore con me» (cfr. Sal 33, 4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.

Preparazione alla Confessione

 

Messaggio di Medjugorje, 25 novembre 1998

"Cari figli! Oggi vi invito a prepararvi alla venuta di Gesù. In modo particolare preparate i vostri cuori. Che la santa confessione sia per voi il primo passo della conversione, e quindi, cari figli, decidetevi per la santità. Che la vostra conversione e la decisione per la santità cominci oggi e non domani. Figlioli, io vi invito tutti sulla via della salvezza e desidero mostrarvi la strada verso il paradiso. Perciò, figlioli, siate miei e decidetevi con me per la santità. Figlioli, accettate la preghiera con serietà e pregate, pregate, pregate. Grazie per aver risposto alla mia chiamata. "

PREPARAZIONE ALLA CONFESSIONE
Medjugorje, 07/10/13
Padre Luigi, cappuccino

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.


Leggiamo il Vangelo. Da Luca.
“Si avvicinavano a Lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarLo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: ‘Costui accoglie i peccatori e mangia con loro’. Ed Egli disse loro questa parabola: ‘Chi di voi se ha 100 pecore e ne perde una non lascia le 99 nel deserto e va in cerca di quella perduta finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia, se la carica sulle spalle; va a casa; chiama gli amici e i vicini e dice loro: ‘Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora, quella che si era perduta’.
Io vi dico: così vi sarà gioia nel Cielo per un solo peccatore che si converte più che per 99 giusti, i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure quale donna se ha 10 monete e ne perde una non accende la lampada e
spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata chiama le amiche e le vicine e dice: ‘Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la moneta che avevo perduto’
Così Io vi dico: Vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte.
Disse ancora: Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: ‘Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta’. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. . Pochi giorni dopo il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci, ma nessuno gli dava nulla.
Allora ritornò in sé e disse: ‘Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza ed io qui muoio di fame. Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: ‘Padre, ho peccato verso il cielo e davanti a te. Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare. Mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso. Ammazzatelo. Mangiamo e facciamo festa. Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato’. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze. Chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò e non voleva entrare. Il padre allora uscì a supplicarlo. Ma Egli rispose a suo padre: ‘Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito ad un tuo comando e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
Parola del Signore.
Lode a te o Cristo.

Siamo partiti dalla Parola di Dio innanzi tutto, quella che illumina il cammino e ci aiuta a capire anche dove collocare questo sacramento importantissimo che è la Riconciliazione, che è un dono straordinario che Dio fa alla Sua Chiesa. Và bene...
I sacramenti sono i doni che Gesù ha fatto alla Sua Chiesa, cioè a noi, ad ognuno di noi, per il nostro bene, per la nostra vita. Tra questi sacramenti c’è quello della Riconciliazione, del quale abbiamo una paura grandissima.
Ed invece di avere paura dovremmo avere un altro atteggiamento nei confronti di questo sacramento. Perché vedete: quando il Signore si è trovato a cena con questi uomini e queste donne che erano dei peccatori pubblici, dinnanzi all’indignazione dei farisei che credevano di essere giusti e di meritarsi in qualche modo la stima, l’Amore di Dio, il credito che Dio doveva loro, perché facevano qualcosa, Gesù tira fuori queste tre parabole che ci aiutano un attimino a capire come Dio vede il perdono, come lo pensa, cosa succede quando questo avviene.
La prima cosa che salta agli occhi è una: chi è che prende l’iniziativa per riconciliarsi con noi è Dio. Non siamo noi. Noi rispondiamo. Chi dice: “Chi di voi ha 100 pecore e ne perde una lascia le 99 e va a pigliare quella che si è perduta?” Nessuno. Noi diremmo: “Mi è andata bene. Ne ho perso solo una”. Invece no. Dio ti fa capire l’importanza della tua vita per il fatto che Lui stesso è il primo che freme quando noi ci distacchiamo da Lui, quando noi ci perdiamo con il peccato. Il primo che freme, che si mette alla ricerca, è Dio stesso. E’ Gesù.
Quindi quando noi sentiamo questo desiderio di andarci a confessare è arrivata prima la Grazia di Dio. E’ Gesù che ci ha raccattati. Allora... Da una parte la premura di Dio nei nostri confronti, dall’altra, quando Dio ci ha trovati - dice Gesù - che fa quel pastore? Se la prende; se la mette sulle spalle; la porta a casa; chiama gli amici e fa festa.
Quando ci andiamo a confessare è un atto di Amore incredibile di Dio nei nostri confronti, il Quale davvero si carica la nostra vita sulle spalle. E Dio vive la gioia.
Quando ci andiamo a confessare, invece di avere paura di andarci a confessare, paura del giudizio del prete, paura di farsi vedere per quello che si è, paura di se stessi, paura del giudizio di Dio, pensiamo e ripensiamo a questa parabola. E’ Gesù stesso che ci ha già trovati quando abbiamo il desiderio di andarci a confessare.
Quando entriamo in quel sacramento pensiamo che davvero Dio gioisce di noi.
Io dico sempre - lo dico anche a me stesso : “Che si fa oggi? Beh, oggi andiamo a dare una gioia a Dio. Mi vado a confessare”. Diamo una gioia a Dio. C’è più gioia in cielo per quel peccatore che è tornato alla vita attraverso la confessione, attraverso il perdono, più che per i 99 che sono rimasti lì, che non hanno bisogno di conversione. Ecco la gioia di Dio.
Quando noi accogliamo il Suo perdono. Perché nella Riconciliazione avviene questo. Noi accogliamo l’Amore di Dio. Signore, Sì, amami davvero.
Allora... La gioia è un atto di amore. Dio stesso ci cerca.
Sapete cosa c’è in questo grande sacramento? E’ un sacramento di guarigione.
Il figlio che si è perduto, stramazzato, pieno di pezze, torna e viene ristabilito nella dignità di figlio. Un sacramento di guarigione, perché il peccato ci ferisce. Gesù ci guarisce e ci ridà quella dignità di figli che noi perdiamo con il peccato. Perché l’altro risvolto sapete qual è? Quando noi pecchiamo sapete cosa avviene dentro di noi? Quello che è successo al figliol prodigo. Anzi a questo figlio... E’ il padre che è misericordioso...
Cosa succede a questo figlio? Pensate al tragitto che fa: va dal padre e gli dice: “Mi dai l’eredità che mi spetta?” Quand’è che ci spetta l’eredità? Se ci rimane qualcosa del babbo e della mamma è quando muoiono. Quindi questo
figlio cosa ha detto al padre? Questo figlio sta dicendo al padre: “Tu per  me sei morto. Non esisti”. Ok? Quando noi commettiamo il peccato facciamo la stessa e identica cosa. Il problema è che se il padre è morto tu sei orfano.
L’esperienza del peccato ci fa fare questa cosa: ci smarriamo, ci perdiamo. Il peccato dentro di noi fa proprio questo.
Cosa fa il peccato? L’altra conseguenza è questa: ci mette fuori dalla casa del Padre. Sono orfano e alla fine arrivo ad essere anche povero, indigente. Perché quest’uomo ritorna dal padre? Perché ha fame; perché è a digiuno. Non è tornato perché ama il padre. Il primo movimento di questo figlio non è l’amore per il padre, è il bisogno che ha. Si scopre che ha un bisogno.
“Voglio mangiare. Almeno lì mi danno da mangiare”. Va bene? Tante volte noi
ci andiamo a confessare per la stessa e identica motivazione. Perché mi sento male; perché mi sento sporco; perché mi sento così... Vero? Mica ci andiamo a confessare per amore di Dio. O no? Mi sbaglio? Il nostro primo moto, a volte, quando ci andiamo a confessare è proprio questo: perché scopriamo una condizione brutta e ho bisogno di... Va bene... Basta che si ritorni.
Allora... Nel ritorno di questo figlio noi cosa vediamo? Che il padre lo attendeva. Non vedeva l’ora che tornasse. Non si è dimenticato di lui.
Questo succede nella confessione. Dio non si è dimenticato di noi. Anche se noi lo abbiamo ucciso come nostro padre, Lo abbiamo rifiutato; abbiamo voluto fare di testa nostra, fregandocene del Suo amore, Lui però non si  stanca mai di noi. Non si dimentica mai di noi.
Il figlio ritorna e cosa succede? In quell’abbraccio il padre gli fa sperimentare tutto l’amore che ha e gli ridà la dignità di figlio:
“Rivestitelo, anello al dito, calzari ai piedi”. Essere figlio, padrone e libero. Perché prima era schiavo.
Il peccato ci rende schiavi.
Vi ricordate, nel Vangelo di Giovanni, ad un certo punto Gesù, dopo la moltiplicazione dei pani, lo vogliono far re. Lui se ne va. Molti credettero in Lui per il segno. Che dice Gesù? Dice questo: “Se credete nel Figlio il Figlio vi farà conoscere la Verità e la Verità vi farà liberi”. E cosa dicono: “Ma noi siamo liberi! Siamo figli di Abramo. Non siamo schiavi di nessuno”. E Gesù dice: “Chiunque commette il peccato diventa schiavo del peccato”.
Tante volte noi facciamo tante cose... Non vorremmo farle, ma non sappiamo come fare a meno di fare quel peccato, perché siamo davvero schiavi. Nella confessione veniamo liberati da questa schiavitù. Va bene? Gesù ci ridà la libertà. Ci rimette in mano il dono più prezioso: la nostra volontà, la nostra libertà, che ci rende immagine e somiglianza di Dio. Capaci di avere una relazione nell’amore, perché l’amore si fa nella libertà, non nella costrizione. Riceviamo di nuovo la libertà, la dignità di figli. Entriamo nella gioia anche noi. Facciamo festa. Quel figlio ha fatto festa col padre.
Per arrivare a questo, però, il figlio cosa ha dovuto fare? Capire che aveva bisogno di tornare; c’è tornato; ha chiesto perdono, ha riconosciuto il proprio peccato. Ha riconosciuto la propria miseria. Il padre non si è buttato addosso e subito gli ha detto: “Non vi preoccupate. Spogliatelo, mettetegli l’anello al dito...” No! Vi ricordate? Il figlio ha detto: “Tornerò da mio padre e gli dirò: Ho peccato contro il cielo e contro di te. Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Fammi essere tuo servo. Mettimi tra i garzoni”. Quando è tra le braccia del padre il padre gli fa dire: “Ho peccato contro il cielo e contro di te. Non sono più degno di essere tuo figlio”. Gli fa prendere la coscienza di ciò che ha vissuto con il peccato. Così Dio ci rende responsabili, perché ci aiuta a capire il dono che abbiamo perso. Così quando ce lo ridà lo teniamo da conto. Non gli fa dire, però: “Tratta me come un servo”. Perché Dio non ci umilia mai. Non ha bisogno di umiliarci, nel senso di dire: “Ecco, vedi che te l’avevo
detto...” Ha bisogno che noi comprendiamo quello che avevamo perso, per il
nostro bene.

 

Fonte: IdM (Trascrizione curata da Andrea Bianco)

lunedì 16 dicembre 2013

A un passo dall’Apostasia

A un passo dall’apostasia

“Siamo poveri, umiliati. E’ una chiesa scoraggiata”. La parresìa di un cardinale

Vorrei che questo incontro fosse uno scambio di testimonianza, ma anche di riflessione teologica sulla nostra missione nel mondo di oggi. Comincio con un breve accenno alla diocesi di Vienna, dove siamo solo poco più di un milione di fedeli. La decrescita dei cattolici a Vienna è drammatica. Siamo ormai sotto il quaranta per cento, e tra non molto arriveremo al trenta per cento. E questo per tre ragioni fondamentali: innanzitutto la demografia, che colpisce quasi tutte le confessioni religiose. In secondo luogo, un fenomeno sempre più diffuso è rappresentato dall’uscita civile dalla chiesa. Da noi, in Austria, basta andare da un magistrato e non sei più cattolico. Qualcuno lo fa perché non vuole più pagare le tasse, altri perché già da tempo non partecipano alla vita della chiesa cattolica. Ogni anno perdiamo l’uno per cento di cattolici, gente che defeziona. Non dico che è apostasia, ma è drammatico. In dieci anni, con questo trend, avremo perso più del dieci per cento di cattolici. Terza e ultima ragione, la continua perdita di prassi religiosa, cui hanno contribuito anche i gravi scandali che hanno ferito molti fedeli. Anche il mio predecessore Hans Hermann Groër dovette lasciare l’incarico di arcivescovo in seguito alle accuse di pedofilia. Siamo diventati poveri, umiliati. Poveri non economicamente, ma umanamente. E’ una chiesa scoraggiata.

Quando sono entrato nell’ordine domenicano, alla matura età di diciotto anni – la mia mamma mi diceva che ero troppo giovane, ma io ero felice così – era il 1963, appena prima della crisi. Allora, avevamo quattro conventi domenicani in Austria, oggi ne rimane uno solo. Gli altri tre sono stati chiusi. E’ un dolore, ma nello stesso tempo, durante il mio episcopato, abbiamo potuto fondare quattro nuovi monasteri a Vienna, di nuove comunità monastiche. Loss and gain, diceva John  Henry Newman, perdita e guadagno. Come vivere, allora, questa situazione di chiesa umiliata, diminuita, scoraggiata? Come uscirne? Penso che il Signore ci abbia condotto su un cammino in cui chiede di non concentrarci sui problemi, ma di ricordarci ciò che Dio fa per noi.

La prima intuizione della missione è  quella riscontrabile negli Atti degli Apostoli e vorrei accennare tre passi di questo libro che sono diventati per noi un faro, una guida. Il primo è l’ultimo passaggio, l’ultimo versetto, capitolo 28. Quando Paolo arrivò a Roma, trascorse due anni interi nella casa presa in affitto. Lì accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il Regno di Dio e insegnando le cose riguardanti Gesù Cristo. E le ultime due parole degli Atti degli Apostoli sono “meta parresias akolytos”, con tutta franchezza e senza impedimento. Così si conclude il libro degli Atti degli Apostoli, con Paolo che parla in modo franco e akolytos, senza impedimenti. E’ un paradosso: Paolo prigioniero annuncia il Regno di Dio con franchezza e senza impedimento. Questo testo è rimasto per noi come un motto per il cammino intrapreso negli ultimi anni.

Il secondo testo è quello del capitolo 15. Abbiamo meditato insieme il processo del cosiddetto Concilio di Gerusalemme, un problema enorme di conflitto attorno all’obbligo della legge della circoncisione per i pagani battezzati. Ebbene, non discussero il problema, non si sono focalizzati sulle criticità. Hanno ascoltato l’esperienza dell’uno e dell’altro. Il cristianesimo è una comunità di racconti, e penso che dobbiamo riscoprire il raccontarci a vicenda ciò che Dio fa nella nostra vita. E questo dà gioia. L’idea dell’accoglienza l’abbiamo tradotta nelle nostre assemblee diocesane. A Vienna ne abbiamo fatte quattro, nel Duomo di Santo Stefano, con uno stile di ascolto e preghiera. Ascoltare le esperienze dell’altro, come accaduto con la lettura degli Atti degli Apostoli, pagine molto meditate. 
Quando Papa Benedetto ha visitato l’Austria nel 2007, abbiamo proposto a tutte le parrocchie di scrivere la continuazione degli Atti. Raccontare ciò che si era sperimentato dell’opera di Dio nella vita di ciascuno, nella comunità, nella parrocchia negli ultimi cinque anni. Abbiamo raccolto cinque grandi libri e li abbiamo portati al Papa. Alla fine del viaggio, nel santuario mariano di Mariazell, Benedetto XVI ha riconsegnato ad alcuni dei consiglieri pastorali un libro di quel passo del Vangelo, dicendo loro di continuare a scrivere gli Atti degli Apostoli.

L’ultima assemblea diocesana, ad ottobre, si è focalizzata su un brano molto ricco, il naufragio di Paolo a Malta. Alcuni hanno detto che eravamo pazzi, per l’immagine che davamo della chiesa. La chiesa non fa naufragio, ma abbiamo meditato a lungo insieme. E’ stata una bella esperienza. Papa Benedetto ha detto che “il rinnovamento della missionarietà della chiesa verrà dalla lectio divina”. E in millecinquecento delegati, divisi in gruppi, abbiamo fatto questa esperienza: prendere il testo del naufragio di Malta per vedere e meditare ciò che è accaduto; per capire ciò che questo dice sulla nostra situazione. E’ stato molto fruttuoso. Mai avrei pensato che si poteva lavorare così bene con un testo così scioccante. Il gruppo di Paolo ha perso tutto, la nave, il grano che era nelle stive. Tutto. Eppure, tutti sono sopravvissuti. Paolo lo diceva, “nessuno perirà, la vostra vita sarà salva”. Abbiamo meditato sul passaggio in cui si narra lo sbarco sull’isola, naufragati. E la gente del luogo si mostrò fin da subito ben intenzionata nei loro confronti. Quanta bontà esiste in questo mondo secolarizzato, in questo mondo attuale.

Dobbiamo essere pronti a perdere tutto per essere arricchiti dagli altri. Questo cammino l’abbiamo messo sotto il titolo “Mission first”, perché oggi tutto si deve dire in inglese. Prima la missione. Ma lo dico con sincerità, siamo molto poveri. Non posso portarvi gloriose esperienze di missione, perché la missione bisogna scoprirla. A tal proposito, devo dire una parola riguardo al Sinodo sull’evangelizzazione che si è svolto a Roma nel 2012. Sono rimasto abbastanza deluso. Il primo giorno mi sono permesso di chiedere ai miei confratelli vescovi e cardinali: “Parliamo delle nostre esperienze, ma non delle esperienze della gestione della curia, ma delle esperienze di missione”. I vescovi dovrebbero essere i primi evangelizzatori. Invece, cosa abbiamo fatto? Ognuno nel suo bel discorso, ben preparato, ha messo l’etichetta “evangelizzazione” su tutto ciò che già facciamo come vescovi. Certo, la preparazione al battesimo è missione, la preparazione del matrimonio pure. Tante cose oggi nella nostra vita parrocchiale sono missione. Ma non sono evangelizzazione.

In questa, infatti, c’è qualcosa di particolare, di differente. Certo, tutto ciò che facciamo ha un impulso di evangelizzazione e di missione. Ma c’è una gioia speciale, indimenticabile nell’atto proprio dell’evangelizzazione. E questo si fa solo faccia a faccia. Si può evangelizzare con Twitter, internet, Facebook. Anche con i libri che scriviamo. Fa parte dell’insegnamento. Ma abbiamo bisogno dell’incontro faccia a faccia con una persona, perché quello è il momento in cui Cristo fa l’evangelizzazione. Vi racconto una cosa che facciamo a Vienna, che certamente non farà aumentare domani la presenza domenicale dei credenti né il numero dei cattolici. Alcuni anni fa abbiamo cominciato, per San Valentino, il 14 febbraio, a distribuire nelle stazioni della metropolitana e delle ferrovie, lettere di amore di Dio a te. Una lettera manoscritta, ma fatta con citazioni bibliche, in un modo molto personale. Alcuni si sono scandalizzati, dicendo che è impossibile rendere Dio così ridicolo, scrivendo lettere di amore. La mia gioia e anche sorpresa è che la maggior parte dei collaboratori della curia partecipa a questa azione. Tutti noi ci troviamo il 14 febbraio mattina nelle stazioni della metropolitana con queste lettere. Non direi che questa iniziativa è già evangelizzazione, ma è almeno qualcosa: scendere nella stazione della metropolitana, essere in questa situazione anche un po’ ridicola, con la gente che va di fretta, che non ha tempo di discutere. Ma questo atto di contatto faccia a faccia cambia forse anche loro.

Ecco perché dico che bisogna cambiare lo sguardo. Penso che la condizione della nuova evangelizzazione sia cambiare lo sguardo, guardare altrove. Non ho il tempo di confessare pubblicamente i miei sbagli nella missione, farò solo un esempio, risalente a tre o quattro anni fa. Andavo in treno da Innsbruck a Vienna. A bordo c’era un gruppo di giovani che mi hanno riconosciuto. Erano diciottenni che avevano già bevuto un po’, mi hanno sbeffeggiato. Io avevo il mio breviario e volevo essere lasciato essere in pace, stavo pregando. Allora ho fatto uno sforzo per concedere loro almeno un sorriso. A Salisburgo sono scesi tutti. Dovevano fare la maturità e andavano a festeggiare in Turchia, dove si fa tutto, si beve, e altro. Quando sono scesi dal treno, ho cominciato a piangere. Ho detto: “Signore, quale stupido servitore hai cercato. Qui c’erano una ventina di giovani che avevano finito la maturità, che mi avevano riconosciuto, il loro cardinale. E io non ho avuto nessuna parola di minimo interesse”. Avrei potuto chiedere com’era andata la maturità. Niente. Perché io avevo il mio breviario. Mai dimenticherò questo fallimento, questa occasione mancata di evangelizzazione. Non avrei dovuto parlare loro del Vangelo, ma dare uno sguardo, senza pensare a ciò che avrebbero fatto in Turchia. Ogni tanto penso che il Signore soffra per noi, così ciechi e duri. Per noi che non abbiamo il cuore di usare il suo sguardo di attenzione e compassione. Papa Francesco ci invita tanto a cambiare lo sguardo. Prima di mettere nelle caselle “divorziato”, “risposato”, bisogna chiedere “chi sei tu”, “che persona sei”. Io non ho una soluzione per questo e anche per ciò sono molto curioso di guardare cosa succederà al prossimo Sinodo, con il questionario.

Come fare per stare sulla strada della verità? Avete avuto quel bellissimo incontro delle famiglie, qui a Milano. Che bella la gioia di una famiglia credente. Ma oggi la famiglia è patchwork, è una famiglia fatta di divorziati, risposati. E’ tutto complicato. Come siglare un’alleanza tra la verità che libera e salva e la misericordia? Questa è la grande sfida della nuova evangelizzazione. C’è anche un pericolo attuale di vedere lo sviluppo di un neoclericalismo, perché vedo nel cambiamento della società e della chiesa molti nostri confratelli disorientati, che si chiedono dov’è il loro posto, cosa devono fare. C’è la tentazione di lasciar correre tutto e di chiudere. Io non so come trovare il cammino giusto. 
Io ho dovuto affrontare un caso che ha fatto il giro del mondo, riguardante la più piccola parrocchia della nostra diocesi. Con il parroco disattento a ciò che accadeva, fu eletto al consiglio pastorale un giovane che convive con un altro uomo. Ma è un giovane credente, che partecipa alla vita della parrocchia, che suona l’organo. Io ero davanti alla decisione se annullare questa elezione o lasciar stare. E’ stata una decisione molto difficile. Ho invitato questo giovane, e lui ha chiesto di poter venire con il suo partner, il suo amico. Sono venuti e ho visto due giovani puri, anche se la loro convivenza non è ciò che l’ordine della creazione ha previsto. Quella stessa settimana, la stampa austriaca era piena di storie sui gravissimi abusi di due monaci su alcuni allievi della loro scuola. Ebbene, io ho deciso di non mandare via il ragazzo. Lui mi aveva detto che non avrebbe partecipato alla comunione, che avrebbe capito la situazione. Rocco Buttiglione scrisse un bellissimo articolo sul Foglio per difendere il mio comportamento, che mi ha attirato molte critiche. Ma capisco, è un tema difficile. Io non sono d’accordo, per niente d’accordo, con il cosiddetto matrimonio gay. Nonostante ciò, ci sono situazioni dove dobbiamo guardare prima di tutto alla persona. Questa è la grande sfida che dobbiamo accogliere. Come vivere il Vangelo nella società secolare, dove siamo una minoranza. A Vienna posso dire che con quasi il sessanta per cento di matrimoni che finiscono in divorzio, la famiglia cristiana non rappresenta oggi la normalità, bensì l’eccezionalità. La normalità è ciò che viviamo con la patchwork family.

Cosa vuol dire questa situazione per noi preti? Penso che dobbiamo imparare di nuovo cosa vuol dire vivere nella diaspora. Siamo molto deboli, ma minoranza non vuol dire essere una setta. Per la prima delle nostre assemblee diocesane, io ho formulato cinque sì per delineare la nuova evangelizzazione. Il primo sì è il sì all’oggi, al nostro tempo. Lasciamo la nostalgia degli anni Cinquanta, quelli della mia infanzia, nel villaggio, quando la chiesa si riempiva di gente per tre volte ogni domenica. Tutti in chiesa. Lasciamo la nostalgia per la vitalità dei nostri oratori degli anni Cinquanta e Sessanta. Diciamo sì all’oggi: Dio ama questo mondo, e noi dobbiamo avere uno sguardo di amore, di simpatia al mondo nel quale viviamo. Amiamo l’oggi nel quale viviamo. Il secondo sì e un sì consapevole e deciso a quella che è la nostra situazione. La decrescita dei cattolici, il lasciare tante cose, il veder morire tante cose che amiamo. Un sì al “bel funerale”, come amano i viennesi. Sì, è la nostra situazione. Molte cose moriranno, ma Dio ci ama nella nostra situazione.

Lo studio del popolo d’Israele in esilio è una scuola tremenda per noi, oggi. Ma dobbiamo vedere i segni buoni nel nostro tempo. Anche laddove non c’è chiesa. Il terzo sì è il sì alla nostra vocazione comune di battezzati. Io insisto molto sul sacerdozio comune di tutti i battezzati. Tenere a mente la “Lumen Gentium”, testo capitale, nel quale si parla della relazione tra il sacerdozio comune dei battezzati e il sacerdozio ministeriale degli ordinati. Il Concilio parla di una differenza essentia et non gradu tantum, una differenza di essenza e non solo di grado. Differenza essenziale. Noi non siamo un grado superiore dell’essere cristiano. Il sacerdote ministeriale è essenzialmente a un altro livello del sacerdozio battesimale comune. Quando il cardinale Ratzinger è diventato prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, io ero già membro della commissione teologica internazionale e così ho conosciuto l’usciera del palazzo del Sant’Uffizio, Clelia. Nel 1982 o 1983, ho chiesto alla Clelia com’era il loro nuovo prefetto. E lei: “E’ un vero cristiano”. Ebbene, ecco, se questo si può dire di uno di noi, preti, vescovi, cristiani, è una bella testimonianza.

L’evangelizzazione si fa da veri cristiani e la loro vita è la loro testimonianza. San Francesco ha detto “annunciate a tutti il Vangelo, se necessario anche con parole”.Diceva questo perché è un vero cristiano. Questa è l’evangelizzazione. Alcuni preti mi hanno detto che parlo troppo del sacerdozio comune, chiedendomi qual è la parte che rimane loro. E’ vero, sì. Dove rimane la loro parte? Qual è il loro e nostro ruolo? Nella mia lettera di Natale per i preti di Vienna ho proposto un metodo molto semplice di lectio divina: per scoprire la nostra vocazione di preti, individuiamo quali immagini della Bibbia ci parlano al cuore. Sono tante immagini per i pastori, i preti, per i ministri. Quale immagine parla al cuore? Ho fatto alcuni esempi, ho parlato di me stesso, dicendo che l’immagine che mi tocca e che ho preso come stemma del mio episcopato è Vos autem dixi amicos, vi chiamo non più servi ma amici. Ed è l’immagine che ho io della chiesa, dei preti. Amici. Un’altra immagine che mi rappresenta è quella in cui Gesù chiama i dodici, mandandoli ad annunciare la parola.

Il quarto sì per una chiesa che impara passo a passo a essere in diaspora, in una diaspora feconda. La vita cristiana in diaspora è una vita di rappresentanza. In tutte le parrocchie, anche nei villaggi dove i partecipanti alla vita parrocchiale sono ormai minoranza, voi siete rappresentanti di molti. Vivete la vostra fede non solo per voi, ma anche per gli altri. Portateli come la Madonna con il mantello. Ognuno crede anche per gli altri, non solo per se stesso. Essere cristiano nella città secolare è essere rappresentante. Possiamo tanto imparare dagli ebrei. Loro hanno la convinzione che quando in una città ci sono dieci ebrei ciò sia una benedizione per quella città. Questo vale per tutti noi, rappresentanza come fuoco della nuova evangelizzazione.

L’ultimo sì è al nostro ruolo per la società. E questo anche se siamo minoranza, anche se politicamente in molti campi in Europa non abbiamo più il potere di imporre la legislazione che ci piacerebbe o che pensiamo corrisponda al diritto naturale. Pensiamo al discorso dell’aborto, dell’eutanasia, alle discussioni drammatiche che chiedono il diritto umano all’aborto, la limitazione della libertà di coscienza dei medici. Nonostante siamo pochi, abbiamo il ruolo del sale, che è sempre in minoranza. Non piacerebbe, infatti, una pasta dove il sale è in abbondanza. Le nostre parrocchie, le nostre comunità, i nostri movimenti, conventi, associazioni, sono una grande rete di carità, di misericordia, di coscienza sociale. E quanto più la rete sociale della società diventa debole, tanto più importante diventa l’impegno cristiano nella società.

di Christoph Schönborn

 

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lunedì 9 dicembre 2013

Commento di Padre Livio al messaggio del 2 dicembre 2013

"Cari figli, con materno amore e materna pazienza, guardo il vostro continuo vagare ed il vostro smarrimento. Per questo sono con voi. Desidero anzitutto aiutarvi a trovare e a conoscere voi stessi, affinché poi possiate capire e riconoscere tutto ciò che non vi permette di conoscere sinceramente e con tutto il cuore l’amore del Padre Celeste.  Figli miei, il Padre si conosce per mezzo della Croce. Perciò non rifiutate la Croce: col mio aiuto, cercate di  comprenderla ed accoglierla. Quando sarete in grado di accettare la Croce, capirete anche l’amore del Padre Celeste. Camminerete con mio Figlio e con me. Vi distinguerete da quelli che non hanno conosciuto l’amore del Padre Celeste, da quelli che Lo ascoltano, ma non Lo comprendono, non camminano con Lui, non L’hanno conosciuto. Io desidero che voi conosciate la verità di mio Figlio e siate miei apostoli; che, come figli di Dio, vi eleviate al di sopra del pensiero umano e, sempre e in tutto, cerchiate nuovamente il pensiero di Dio. Figli miei, pregate e digiunate per poter comprendere tutto quello che vi chiedo. Pregate per i vostri pastori e bramate di conoscere, in comunione con loro, l’amore del Padre Celeste. Vi ringrazio".

Commento di Padre Livio al messaggio del 2 dicembre 2013

Come spesso accade, i messaggi dati alla veggente Mirjana sono più lunghi ed anche più complessi rispetto a quelli più semplici, ma non meno profondi, dati alla veggente Marja. La distinzione è che quelli dati alla veggente Marja sono più rivolti ai fedeli, quelli dati alla veggente Mirjana sono più rivolti a quelli che sono lontani. La Madonna viene il 2 di ogni mese per pregare per quelli che non credono e sono lontani da Dio.

“Con materno amore e con materna pazienza, guardo il vostro continuo vagare ed il vostro smarrimento”, l’inizio del messaggio si apre con lo sguardo materno e paziente di Maria verso coloro che non avendo la fede non hanno neanche la meta, l’obiettivo, il fine della vita e quindi vagano qua e là nel labirinto del mondo e spinti dalla fame di mondo, si aggirano, prendendo le cose del mondo finché poi come una candela si spengono, finché morte non li colga.

È sintomatica questa espressione: vagare e smarrimento, vagano qua e là e sono smarriti, come quelli che non sanno né da dove vengono né dove vanno. “Per questo sono con voi”, la Madonna è qui da così tanto tempo, perché stiamo vivendo una grande apostasia, lo smarrimento della fede. Siamo travolti dall’impostura anticristica, che, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, è la presunzione dell’uomo di salvare se stesso abiurando la verità, abiurando Gesù Cristo. Il frutto, la conseguenza è il continuo vagare nello smarrimento e nell’angoscia e la disperazione. Quante volte la Madonna usa queste espressioni:angoscia e disperazione, per questo è qui con noi: per indicarci la meta e colui che ci porta alla meta che è Cristo.

Desidero anzitutto aiutarvi a trovare e a conoscere voi stessi, affinché poi possiate capire e riconoscere tutto ciò che non vi permette di conoscere sinceramente e con tutto il cuore l’amore del Padre Celeste”. La Madonna ci dice - io desidero innanzitutto che prendiate in esame la vostra situazione, vi rendiate conto in che situazione di smarrimento, di continuo vagare, di angoscia, di inquietudine, senza pace, senza speranza, scontenti vi trovate - tutte espressioni che la Madonna ha ripetuto in questi anni e soprattutto immersi nel peccato e quindi nella seduzione delle false luci, delle false gioie - desidero che prendiate consapevolezza, coscienza che state affogando, che siete sulla via della rovina, che siete accecati, che siete prigionieri del male e tutto questo vi impedisce di vedere e di capire l’amore del Padre Celeste -.

Qui si apre la fase positiva. Prima la Madonna dice - voglio che capiate che siete sulla via della rovina -, e poi la Madonna ci propone la via della salvezza e la via della salvezza è la via della Croce.

Che cos’è la Croce? Lo dice San Paolo: la Croce è la morte al peccato, crocifiggere l’uomo vecchio. Il Padre celeste si conosce rinunciando al peccato, crocifiggendo l’uomo vecchio, prendendo la Croce.

Qualcuno ci potrebbe fare questa obiezione, ma come mai siamo in Avvento e la Madonna ci parla della Croce?

Il tempo dell’Avvento è il tempo della gioia, ma è anche il tempo della Croce, perché la conversione, che è il tema fondamentale dell’Avvento, che è l’essenza della testimonianza del Battista: “convertitevi”, che è il profeta dell’Avvento insieme a Maria, la conversione, la morte al peccato è una vera Croce, perché bisogna crocifiggere le passioni, bisogna crocifiggere l’io egoistico, bisogna rinunciare al male.

La Madonna stessa, con San Giuseppe e il Bambino Gesù hanno vissuto il mistero della Croce fin dal Natale. Dice San Paolo “il mistero della Croce è iniziato nel momento in cui il figlio di Dio, non ritenendo una sua proprietà essere come Dio, si è fatto uomo, ha annientando se stesso facendosi obbediente”, la kenosi, cioè l’abbassamento, l’umiliazione incominciata con l’incarnazione e continuata sino alla passione e la morte in Croce.

Il Natale è già il tempo della Croce, come è messo in luce dagli Evangelisti, specialmente da Luca, come Gesù è stato crocifisso su un pezzo di legno fuori dalla città, abbandonato da tutti eccetto che da poche donne, così, quando è nato il Figlio di Dio, è nato fuori dalla città, rifiutato dalla convivenza umana, è nato in una stalla, nella povertà più assoluta come era povero sul calvario.

La Madonna ci dice che noi dobbiamo fare nostra questa Croce, nel senso di crocifiggere l’uomo vecchio, perché soltanto rinunciando al male, al peccato e convertendoci, noi riusciamo a capire l’amore del Padre Celeste.

La Madonna continua su questo tema dicendo: “Perciò non rifiutate la Croce”, e per molti non rifiutare la Croce significa non rifiutare la fatica, il dolore, il travaglio della conversione, oppure non rifiutare la prove che Dio ci manda, la Croce che Dio ci porge, ma cerchiamo di comprenderla, di accoglierla, perché comprendendo la Croce noi comprendiamo l’amore del Padre Celeste.

Morendo al peccato, moriamo a noi stessi e ci eleviamo a Dio, comprendiamo l’amore di Dio, incominciamo a camminare, non a vagare qua e là smarriti e senza meta, ma cammineremo con Gesù.

Ha detto il Papa all’Angelus di Domenica: “Gesù è il cammino e la meta nel medesimo tempo”, così, la Madonna dice “camminerete con mio Figlio e con me”, dietro a suo Figlio che è la meta e che è anche il cammino.

In questo modo allora sì che noi siamo cristiani, sì che ci distinguiamo dai non cristiani perché in questo modo noi conosceremo l’amore del Padre Celeste, mentre quelli che non accettano la Croce e che non muoiono al peccato anche se sono battezzati, se frequentano la Messa, vanno ai Sacramenti, “Lo ascoltano, ma non Lo comprendono, non camminano con Lui, non L’hanno conosciuto”.

Dice la Madonna - io voglio che non siate cristiani di facciata, che siate non figli di questo mondo, tantomeno figli del maligno, voglio che morendo al peccato, “conosciate la verità di mio Figlio” che è l’amore di Dio che ci viene donato dal Padre, e che “siate miei apostoli” perché diffondiate questo amore di Dio e desidero che siate figli di Dio e quindi che non pensiate umanamente, che non vi lasciate, come dice il Papa, afferrare, compenetrare dalla mondanità spirituale.

C’è una consonanza fra le parole della Madonna e le parole del Papa che è impressionante, sono illuminate ambedue dallo Spirito Santo. La Madonna, nella sua condiscendenza ripete le parole del Papa, perché vuole dire che attraverso il Papa parla suo Figlio.

“Io desidero che voi conosciate la verità di mio Figlio e siate miei apostoli; che, come figli di Dio, vi eleviate al di sopra del pensiero umano e sempre e in tutto cerchiate nuovamente il pensiero di Dio”, cioè vedere le cose dal punto di vista di Dio, con gli occhi di Dio, con il cuore di Dio e così portare questo pensiero di Dio, questa visione di luce, questa visione di amore, questa visione che conforta, questa visione che ci libera, portarla a chi è prigioniero del male.

Per capire tutto questo la Madonna ci dice: “pregate e digiunate”, perché molti dicono: ma come si fa ad aprire il cuore e a elevarsi? Si incomincia a rinunciare al mondo, con la preghiera e con il digiuno noi rinunciamo al mondo, mortifichiamo la fame di mondo, ci prepariamo a rinunciare al peccato e con la preghiera ci apriamo a Dio, così noi potremo comprendere anche le parole della Madonna.

La Madonna ci invita a camminare con i pastori, ad aver fiducia nei pastori, perché sono stati scelti da suo Figlio, a pregare per i pastori, perché hanno bisogno della preghiera, hanno bisogno della Grazia per non pensare secondo il mondo, ma pensare secondo suo Figlio, e perciò, dice - camminate in comunione con loro e insieme con i vostri pastori bramate di conoscere l’amore del Padre celeste.

Facciamo l’esame di coscienza, chiediamo cosa c’è nella nostra vita, che ci impedisce di aprirci all’amore del Padre Celeste, che a Natale viene a noi mediante la tenerezza, la bontà e la semplicità di un bambino, Dio viene a noi come un bambino.

Cosa c’è che ci impedisce di accoglierlo, di portarlo nel nostro cuore come il tesoro prezioso della nostra vita, cosa c’è nel nostro cuore che ci pesa, che ci tieni prigionieri, che ci impedisce di aprirci alla grazia del Natale, facciamo questo esame di coscienza, cerchiamo fin da ora di buttarle fuori dal cuore, queste sporcizie, queste fami, queste voglie, questi risentimenti, queste gelosie, invidie, odi, queste piccinerie, queste cattiverie, guardando la Croce buttiamole fuori, liberiamocene, diamole a Gesù che le distrugga nel suo amore e così ci prepariamo alla Confessione del Natale e alla grazia del Natale.

N.B. Il testo di cui sopra può essere divulgato a condizione che si citi (con link, nel caso di diffusione via internet) il sito www.medjugorjeliguria.it indicando: “ Trascrizione dall’originale audio ricavata dal sito: www.medjugorjeliguria.it

sabato 7 dicembre 2013

Fra Stanko Ćosić: Riflessione sull’Avvento


Siamo nuovamente in un tempo dell’anno divenutoci caro, nella preparazione al Natale, in Avvento. Questo è un tempo in cui uniamo passato, presente e futuro. Il passato, perché ricordiamo la prima venuta di Cristo, quando Egli ci ha aperto le porte della salvezza, sbarrate dalle catene del peccato. Il futuro, perché guardiamo alla seconda venuta di Cristo, che sarà la piena manifestazione del dono che ora attendiamo vigilanti. Il presente, perché possiamo acclamare con gioia: “Il Signore viene!”, vivendo il presente in tensione verso l’atto della nostra salvezza e della sua venuta finale. Per questo, per i cristiani, il tempo presente è un volgersi alla definitività promessa in Cristo, che dà senso al tempo in cui viviamo e lo trasforma in esperienza dell’eternità. Il tempo è prezioso solo perché ci è donato come occasione per vivere l’eternità. Perciò il tempo perso non è quello in cui abbiamo omesso di fare una cosa, ma quello in cui non siamo stati coscienti della pienezza del tempo. Per questo, in Avvento, abbiamo sempre di nuovo la possibilità di svegliarci, di aprire gli occhi, di vivere la gioia del quotidiano. Il cristiano è un uomo di speranza, che cammina nella vita nella speranza, nella fede e nell’amore.
Dunque, cosa facciamo noi cristiani in Avvento? Attendiamo con impazienza! Vegliamo, speriamo, attendiamo con speranza e con santo timore. Aspettiamo Qualcuno che non sappiamo quando verrà, ma che siamo certi verrà. Perciò è necessario volgere continuamente lo sguardo lontano, guardare in lontananza, da dove sta arrivando ciò che attendiamo. Così, Colui che si aspetta non è solo atteso, ma anche desiderato, benvenuto. Colui in cui spero con tutto il cuore. Nel tempo di Avvento, dunque, non si tratta di un’attesa indifferente, poiché Colui che attendiamo non ci lascia indifferenti. Si tratta di un’attesa impegnata. Il cristiano non sta seduto ad aspettare: egli si leva, volge il suo sguardo desideroso all’incontro con Colui che attende. Questa attesa della venuta del Signore, può essere espressa chiaramente con l’immagine di un bambino che, aspettando con desiderio l’arrivo della madre, apre sempre la porta e controlla, domandandosi se lei non sia già davanti alla porta. Non gli basta aspettare, lui vuole affrettare il suo arrivo e per questo apre la porta, controlla, la chiama… . Attendendo, il bambino vive già l’amore della madre e la comunione con lei. È sicuro che verrà, l’attende con gioia ed è pronto a correrle in braccio, pieno di gioia impaziente per quell’incontro. Ancora, un bambino che attende la madre non permetterà che lei lo rimproveri: metterà in ordine la camera per non dare spazio al rimprovero, che diminuirebbe la gioia dell’incontro con lei. Anche quando sa che sarà rimproverato per mancanze che non può nascondere, il bambino attende con gioia l’arrivo della madre (A.Crnčević, Alle sorgenti della Liturgia).
Cari fedeli, nella vigilanza e nell’attesa gioiosa anche noi viviamo già ora la presenza di Cristo. Il Signore è nato 2000 anni fa: possa ora nascere nel nostro cuore, venire quotidianamente nella nostra vita rendendoci annunciatori di vita nuova, della Buona Novella. Attendiamo impazientemente l’incontro finale con Lui, quando potremo dire con entusiasmo: “Finalmente ti incontro in pienezza”.

giovedì 5 dicembre 2013

CATECHESI DI PADRE MILJENKO


Amici, siete venuti qui a Medjugorje portando con voi tutto quello che siete. In fede. Proprio come veri pellegrini. Nel gazzettino di Medjugorje abbiamo dato un benvenuto. Abbiamo scritto le parole che si rivolgono a ogni pellegrino e dicono: “Ti prego di non dimenticare che stai compiendo un pellegrinaggio. Cos'è un pellegrinaggio? Questa azione è profondamente legata alla tua vita di fede. Infatti è proprio la tua fede che ti ha portato qui. Perciò impegnati a vivere la vita nello spirito durante il tuo soggiorno qui tra noi. Fa sì che in questo luogo di preghiera e riconciliazione il tuo tempo sia ricolmato della grazia divina. Perciò, con particolare devozione e amore, accostati ai sacramenti, all’insegnamento della Chiesa, alla liturgia, considerando tutta la nostra vita terrena come un pellegrinaggio. L’intercessione di Maria sia aiuto nel cammino verso la Patria celeste. Perciò non temere. Rincuorati. Sentiti anche tu in questo luogo di pace come a casa tua, figlio amato della Madre di Gesù. Prega la santa Vergine Maria, affinché ponga su di te le Sue mani premurose, ti rincuori e ti accompagni nella vita con Cristo unico salvatore e redentore di tutto il genere umano”.Avete appena ascoltato le parole di uno dei veggenti che da più di 30 anni, con coraggio e con coerenza, parlano di ciò che è successo e sta succedendo oggi. Tutto ciò che avviene a Medjugorje ha avuto inizio dalla testimonianza di questi ragazzi che vedono la Madonna. Sin dal principio la risposta di questa comunità parrocchiale è stata forte. C’era un regime comunista molto duro. La parrocchia ha aperto il proprio cuore. La gente ha creduto. Poi, pian piano, sono cominciati ad arrivare i primi curiosi che si sono trasformati in persone che pregano. Dal 1981, come vedete anche voi, Medjugorje si è trasformata in un fenomeno mondiale. Un fenomeno di rinnovamento spirituale. Un invito alla pace che non può essere ignorato. Molte persone, venendo così, senza tanti pensieri, si sono rinnovate nella fede. Molti sono guariti nel corpo e nello spirito. Tutti abbiamo bisogno di questa guarigione. Tuttavia bisogna parlare anche di un altro fenomeno, cioè il momento dell’apparizione che continua ancora oggi. E’ sicuramente incomprensibile per noi uomini. I veggenti, come gruppo e singolarmente, in modo convincente hanno affermato in ogni situazione di vedere la Madonna. Tutto ciò che avviene trascende i loro desideri e le loro capacità, come diceva Ivan: “Ogni giorno mi chiedo: ‘Perché a me?’” Essi affermano proprio di vedere la Madonna. Al momento della preghiera appare tre volte una luce e subito, secondo questa testimonianza, viene la Madonna. Loro affermano sempre di vedere la Madonna come noi normalmente ci vediamo gli uni gli altri. Proprio queste testimonianze hanno attirato esperti in medicina e questi incontri con i veggenti confermano quello che hanno rivelato i test psicologici dai primi giorni: mostrano che ai veggenti, nel momento che loro definiscono “apparizione”, accade qualcosa che non può essere spiegato da un punto di vista medico, ma che comunque concorre sempre con quello che affermano loro. Dove terminano le ricerche mediche iniziano quelle di fede e di teologia. Ciò che conta è che i risultati medici escludono malattie e inganni. E’ naturale che la medicina non può rispondere alle domande di questo fenomeno e questo spetta alla teologia e alla mistica. Sapete bene che adesso c’è una commissione del Vaticano che osserva tutto. Siamo molto felici, perché la Chiesa dirà quello che deve dire. Ma quello che noi possiamo affermare è che a Medjugorje si sente un vero culto mariano che ha origini antichissime. Qui non è cominciato qualcosa che non si faceva dalle altre parti del mondo, nella teologia e nella preghiera. Il fatto è che si era dimenticato. Riguardo al culto della beata Vergine Maria lo troviamo già nel Nuovo Testamento, cioè c’è una certa lode e venerazione nei confronti della Madre del Signore. Quando si guarda il culto liturgico della Chiesa primitiva ci sono le formule del simbolo battesimale e delle preghiere eucaristiche dove c’è sempre la Madonna. I primi cristiani vedono nella fede della comunità un prolungamento della fede di Maria, che consiste sempre nella Chiesa cattolica in due elementi fondamentali. Primo: E’ Madre di Dio, scelta da Dio. C’è un omaggio reso all’eccezionale dignità e santità di Maria, Madre di Dio. Secondo, che è stato sin dall’inizio: un appello fiducioso alla Sua intercessione presso Gesù Cristo, unico mediatore e Suo vero Figlio secondo la carne. Abbiamo già una preghiera risalente al terzo secolo che domanda a Maria aiuto per tutti noi nelle necessità di ogni genere e la liberazione da ogni pericolo. Quando guardiamo sulla costa vicino al mare queste cappelle sono tutte nate dalla fede nell’intercessione per liberare dal pericolo che viene dal mare. Nei primi tre secoli della Chiesa è più che notevole la testimonianza delle varie immagini di Maria Santissima che si trovano nelle catacombe romane. Se siete stati là – penso di sì molti di voi – avete potuto vedere proprio in queste catacombe immagini di Maria Santissima che aiutava sempre i fedeli. Più tardi questa figura occuperà il posto centrale nelle absidi delle basiliche e poi, pian piano, questo culto aumenta finchè, con il concilio di Efeso nel 431, si arriverà ad una diffusione grandiosa con la costruzione di basiliche dedicate a Maria. Questa venerazione, che c’è nella Chiesa, venerazione speciale dovuta a Maria per la Sua singolarità di Madre del Verbo incarnato e della Sua cooperazione nella nostra redenzione. E’ per questo che la Chiesa ha sempre sostenuto i fedeli proprio su questa strada, anche sui pellegrinaggi verso la Madonna, Madre di Dio. Come dicevo, da 31 anni 6 testimoni affidabili, sotto giuramento, continuano a testimoniare che dal 24 giugno 1981 fino ad oggi la beata Vergine Maria – Gospa, come La chiamano – appare loro. E’ tutto cominciato là sul monte. Adesso non si vede bene, perché c’è un incendio. Si chiama Krnika. Su questo monte, Podbrdo, dicono di aver visto una donna giovane, bellissima con un bimbo tra le braccia. La prima volta non disse loro nulla. Il secondo giorno all’improvviso balenò una luce e insieme ad essa i ragazzi videro anche la Madonna senza bambino tra le braccia. Dicono che non si può descrivere questa bellezza, questa donna radiosa e sorridente. La definiscono come Amore, quando la senti dentro nell’anima. Proprio nell’anima. E’ molto importante per ognuno di noi quando il terzo giorno si presenta come “la beata Vergine Maria” e poi, quando appare di nuovo, dice: “Pace, pace, pace e solo pace”. Dietro di Lei c’era la croce. Con le lacrime agli occhi ripete due volte che la pace deve regnare tra Dio e gli uomini e in mezzo agli uomini. Questo veramente rimane il messaggio centrale di tutta la vita di Medjugorje, di questo fenomeno. E’ un messaggio fondamentale. Cos’è questa pace? Considerando il fatto che la veggente Marija ha visto la croce dietro alla Madonna mentre dava questo messaggio, vuol dire chiaramente che questa pace può venire solo da Cristo, che è divenuto la nostra pace. La storia dell’umanità conosce più la continuità dei conflitti che la pace. Sembra che il lottare sia costitutivo della natura dell’uomo. Questa durezza per sopravvivere c’è sempre stata, una guerra o un’altra. Il libro della Genesi all’inizio indica bene che siamo di fronte come ad una nuova creazione, cioè il riferimento della colomba nella Genesi che torna con il segno di vita dopo il diluvio è già un messaggio di un compito cristiano. La Madonna conosce la pace nella volontà di Dio, perché per prima ha detto: “EccoMi, sono la serva del Signore. Si faccia di Me come hai detto”. Maria ci insegna questa ammirazione dell’amore. Come deve essere puro il nostro guardare; come deve essere trasparente il vedere; come deve essere la preghiera dallo sguardo puro per far nascere la pace. Guardiamo le nostre esperienze. E’ chiaro che abbiamo poca esperienza di cosa significhi un silenzio profondo. Quello dell’anima che scende anche nel nostro corpo. Quando una completa serenità riempie l’anima. E’ una pace totale che entra nel corpo. Questo si trova quando siamo davanti a Dio. Quando siamo completamente disponibili in un atto di adorazione. La Madonna ci insegna, perché vede la domanda che nasce in ognuno di noi: “Come posso annunciare gioia, pace, riconciliazione, perdono se non fanno parte della mia carne, del mio sangue, del mio essere?” Ma Maria sa anche cosa ha fatto Suo Figlio. Perché è venuta qua? Perché sa che a Dio niente è impossibile. Maria ha seguito gli apostoli e sapeva come Suo Figlio gli aveva trasformati in persone per le quali il mondo non era più un peso, ma una sfida, un luogo con infinite opportunità. Aveva portato gioia e pace nella loro esperienza quotidiana. Cioè aveva trasformato la loro vita in una vita di pace interiore. Cari amici, sicuramente abbiamo pensato, abbiamo sognato così a lungo di noi stessi come persone profondamente amate. Abbiamo sperato una vita di generosità; sperato di diventare persone pronte al perdono, disponibili e sempre gentili. Abbiamo avuto una visione di noi stessi come di persone che portano pace agli altri.Io dico sempre che è duro il fatto di aver perduto questo sogno; siamo diventate persone inquiete, ansiose. Questa perdita di spirito è spesso la più dura da riconoscere e la più difficile da confessare. La Madonna sa bene che la contrizione può svilupparsi soltanto da un cuore contrito. Maria ci chiama proprio per questo: a scegliere una vita di perdono, pace e Amore di Dio. Soprattutto nel sacramento della Riconciliazione. Questa è vera pace: con Dio, con se stessi e con gli altri. Questo è il circolo della pace che viene proprio da Dio. Proviamo a fare questo nel pellegrinaggio. Con l’aiuto della Madonna nella santa Messa e nell’adorazione presentiamo a Cristo la nostra vita. Pur con tutti i conflitti e le delusioni, affidiamo questa nostra vita a Cristo. Confidiamo nel fatto che è stata una vita benedetta e si risolverà nella benedizione di domani per noi, ma anche per gli altri che vivono con noi. Quelli che incontriamo sulle nostre strade di vita. Nella benedizione bisogna lasciarsi totalmente cadere nelle Mani affettuose di Dio. Questa è la più bella esperienza di chi vive la pace interiore attraverso la confessione. Ma la pace che il mondo non conosce non la può dare. Potete andare da tutti gli psicologi, potete fare da soli qualcosa nella testa e nel cuore, ma nel mondo non si trova questa pace. E’ semplice: il mondo non conosce e non può dare questa pace. Questa pace sorpassa ogni senso e conoscenza. E’ così alta, profonda e trascinante. Questa è la vera pace. Pace è quando non hai più bisogno delle domande: “Cosa, come, dove?” E’ il Signore che senti nel tuo cuore. E’ così semplice. Come se non ci fosse mai stata la croce, le tenebre e la morte, gli apostoli hanno avuto una vita nuova, perché è venuto Gesù risorto e ha detto loro: “Pace sia con voi”. Cari amici, fratelli e sorelle, Gesù ha chiesto a Simon Pietro: “Mi ami? Mi ami tu? Mi ami tu che mi hai tradito tre volte?” E lui ha risposto: “Signore, Tu sai che Ti amo”. Il Signore non ha vinto solo la morte e soltanto il peccato, ma ora è nato un patto nuovo con lo Spirito Santo.Vorrei che ognuno di noi rispondesse al suo Dio, al suo Signore, a questa domanda: “ Mi ami? Mi ami in profondità?” Vuoi mettere come Tommaso la tua mano nelle Piaghe? Proprio nella misura in cui metti la mano sta il tuo metro di giudizio di ciò che è possibile a Dio. Nel tuo cuore, carico di orgoglio, puoi leggere l’opinione di Dio a tuo riguardo: mancanza di fede. Questo è il problema più grande che abbiamo adesso. Buttiamo via da noi, dalla nostra persona, dal nostro essere tutti gli idoli! Buttiamo via il freddo e la pietra dal nostro petto! E il Signore ci darà al suo posto un cuore di carne che batterà secondo il Suo Cuore. Ecco, la Madonna vuole offrirci proprio questa bellezza di un cuore nuovo. Perciò non temere. Rincuorati. Sentiti anche tu in questo luogo di pace come a casa tua, figlio amato della Madre di Gesù. PreghiamoLa insieme.Ave Maria.

 

Fonte: idm (Andrea Bianco)