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Richiesta di preghiere

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Per la Richiesta di Preghiere è possibile da oggi utilizzare il MODULO che si trova qui a sinistra.

Le intenzioni saranno oggetto della preghiera comunitaria durante l'incontro del
Gruppo di Preghiera Regina della Pace ogni Giovedì.

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venerdì 29 aprile 2016

Omelia della santa Messa italiana Medjugorje, 28 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».
Parola del Signore.


Sia lodato Gesù Cristo.
Oggi il Vangelo ci parla di amore ed è una cosa concreta. Ieri il Papa, nell’udienza del mercoledì, ha detto: “L’amore è vita. E’ fatto di gesti. E’ fatto di parole. Vi dico queste cose, perchè abbiate la mia gioia”.
In marzo due responsabili di cenacoli di preghiera mi hanno invitato in carcere a Modena a fare un momento di preghiera con i carcerati. Quando siamo usciti di lì avevamo una gioia così forte, così intensa che non si trovano le parole per descrivere. Non ce l’hanno mica data i carcerati. Ce l’ha data il Signore.
L’uomo funziona così… Quando vive secondo le regole del Signore ha gioia. Gesù era pieno di gioia.
Madre Teresa che ha vissuto in pienezza la Parola del Signore con concretezza, quando l’hanno intervistata ha risposto: “Il mio cuore è pieno, ricco di una gioia immensa”. Questa gioia non le derivava dalla riconoscenza delle persone. Forse molti di voi ricordano il suo invito alla santità:” L’uomo è irragionevole, egocentrico? Non importa: amalo. Se fai il bene e ti attribuiranno secondi fini egoistici, non importa: fai il bene. Se realizzi i tuoi obbiettivi troverai falsi amici e veri nemici; non importa: realizzali. Il bene che fai verrà domani dimenticato; non importa: fa il bene. L’onestà e la sincerità ti rendono in qualche modo vulnerabile; sii sempre comunque franco e onesto. Quello che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo; non importa: costruisci. Se aiuti la gente se ne risentirà; non importa: aiutala. Dai al mondo il meglio di te e ti prenderanno a calci; non importa: continua”.
La gioia che Madre Teresa aveva nel cuore non era a motivo della riconoscenza delle persone. Quella gioia gliela donava Dio. Era una conseguenza del fatto che viveva secondo le regole che il Creatore le aveva messo dentro.
Quello che è nel cuore si riflette anche attorno a te, nella tua casa, nella famiglia.
Un reporter che era andato nella casa di Madre Teresa in India per fare un’intervista durante le ripresesi era stupito: “Ma in questa casa c’è una luce… Ma che luce è?” E’ la luce dell’amore e della gioia cristiana.
“Vi do un Comandamento nuovo”. Amore e comandamento. Certo. L’amore ha le sue regole. Ha la sua tecnica.
Se voi volete costruire una casa avete delle regole da osservare. Se non mettete un pò di ferro dentro al cemento la casa non sta su. Se fate venire prima quello dei pavimenti e poi quello della luce la vostra casa resta senza luce oppure andate in giro prendendo la scossa.
Ci sono delle regole.
Così anche per costruire la casa dell’amore cristiano ci sono delle regole ben precise. Gesù le ha osservate e ha detto: “Come Io sono rimasto nei Comandamenti del Padre Mio”. E la Sua gioia era piena…
Quelle regole quest’anno si declinano con le opere della Misericordia: visitare i carcerati, pregare Dio per i vivi e per i morti, consolare gli afflitti…
A proposito di consolare gli afflitti… Questa signora viene qui a Medjugorje e viene alla nostra casa a salutarci. Appena entra viene il sole: una gioia straordinaria, un sorriso che comunicava una positività impressionante. Il fatto è che questa signora è alla nona chemioterapia a causa di un tumore che già anni fa l’aveva tormentata. Dice: “Certo: se Gesù ne ha bisogno io porto la mia croce con Gesù. Mi sto facendo la villa in Paradiso”. Alla nona chemioterapia mi telefona e mi dice: “Questa volta è un pò più dura. Di solito dopo due giorni mi alzo dal letto. Questa volta sono passati dieci giorni dalle cure e non riesco ad alzarmi. Il mio fisico è saturo da tutte queste cure. Mi sto facendo il secondo piano della villa in cielo”.
L’ultima volta che mi ha telefonato: “Adesso sto bene. Gesù, non ho più niente da offrirTi. Ho capito cosa devo offrire… Si è ridotto quel tumore, però rimane lì e anche la paura. Ho capito che Ti devo offrire una fiducia incondizionata. Quello che fai sono sicura che và bene”.
Allora si è alzata, è andata al reparto a trovare gli ammalati che ha conosciuto a consolare gli afflitti, a dare coraggio.
Noi siamo esperti nel costruire le case terrene. Le tecniche le conosciamo bene. Adesso si arriva a fare dei grattacieli incredibili. Invece dal punto di vista spirituale molti sono pigri. Sarebbe bello ascoltare anche quello che succede al pigro. C’è un bellissimo versetto. nel libro dei Provverbi al capitolo 6: “Vai o pigro dalla formica. Guarda le sue abitudini. Diventa saggio. Non ha nè capo nè padrone nè sorvegliante eppure d’estate si provvede il vitto. Al tempo della mietitura accumula il cibo. Fino a quando, o pigro, te ne starai a dormire? Quando ti scuoterai dal sonno?” Un pò dormire, un pò sonnecchiare, un pò incrociare le braccia per riposare. “Ma sì, pregherò domani o dopodomani”. E intanto giunge a te la miseria come un vagabondo e l’indigenza come un mendicante dal punto di vista spirituale.
Facciamo come Madre Teresa: non guardiamo quello che fanno gli altri. Facciamoci questo tesoro in cielo. Una delle regole per la costruzione di questa casa è che bisogna partire dal piccolo. Non occorre fare tutte le opere di misericordia: basta una. Si comincia da quella che ti è più vicina, quella che ti è più congeniale. Ade esempio, una che state facendo tutti è quella di pregare Dio per i vivi e per i defunti.
Se facessero veramente tutti una preghiera per i progetti di Maria assisteremmo al Trionfo del Cuore Immacolato.
Comunque non aspettiamo gli altri. Se gli altri si vogliono fare la villa qua noi facciamoci un tesoro in cielo. Vai a visitare un ammalato. Prega per le anime del Purgatorio. Porta un chilogrammo di riso alla Caritas. Cominciamo lì da dove siamo in grado di partire. La gioia e la soddisfazione interiore sarà la tua ricompensa e sarà il segno che stai mettendo in pratica le regole che il tuo Creatore ti ha messo dentro.
“Vi dico queste cose, perchè abbiate la gioia in voi. La pienezza della Mia gioia”. Chi osserva quelle regole ha il cento per uno su questa terra e la vita eterna.
Chi è la creatura più gioiosa che ha vissuto più di tutti queste regole? Maria, la Regina della Pace.
Quando appare Ivan dice sempre che è venuta piena di gioia. Maria è ricca di gioia.
Nell’ultimo messaggio ci ha detto: “Cari figli, la vita è breve. Aprofittate di questo tempo per fare il bene”.
Sia lodato Gesù Cristo.

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )

mercoledì 27 aprile 2016

Omelia della santa Messa italiana Medjugorje, 26 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».
Parola del Signore.


Sia lodato Gesù Cristo. “Vi lascio la pace, vi do la Mia pace”. Queste parole che risuonano spesso sulle labbra di Gesù come augurio verso i Suoi discepoli oggi raggiungono anche tutti voi. Oggi ci raggiungono, cioè arrivano lì dove ciascuno di noi - è per questo che ci siamo fatti pellegrini in questo luogo - ha bisogno della pace.
Tutti qui noi siamo mendicanti di pace. Nella nostra vita personale, nei nostri rapporti fino, allargando lo sguardo, a quello che il mondo anela: il desiderio della pace. La quale non è semplicemente assenza di qualsiasi forma di violenza, ma è quel dono d’amore che è arrivato a noi a partire da un atto di amore che non si è risparmiato nulla, fino addirittura a dare La Sua Vita per noi.
Quel soffio che abbiamo invocato fin dall’inizio della nostra preghiera, che è il soffio dello Spirito, che è stato il dono che Gesù ha fatto… “Rese lo Spirito”, non “morì”. Anche in quell’istante in cui umanamente ci verrebbe da dire che uno ha tutto il diritto di pensare a se stesso, sopratutto nel momento in cui subisce una pena che non merita, una pena ingiusta. Gesù anche in quell’istante ama e dona il Suo Spirito. Dona Se Stesso. Nel gesto più estremo in cui la violenza umana può arrivare in modo ingiusto, in modo che non ha misura, come purtroppo spesso diventiamo anche noi spettatori, lì si mostra l’amore più grande. La misura dell’amore di Dio che non ha misura. Lì inizia quel grande augurio di pace che lungo la storia Lei, la Madre, si è resa strumento e richiamo forte per noi oggi. La pace.
Quella pace che matura dentro anche alle nostre esperienze di croce. Quella pace che non è semplicemente non avere nessun problema, non dover portare nessuna croce sulle proprie spalle, nessuna tristezza o dolore nel nostro cuore. La pace è la capacità di trasformare tutto questo in un atto d’amore. Questo è ciò che fa pura e bella la nostra preghiera in questi giorni.
Gesù domanda “Se è possibile si allontani da Me”, ma, ed è questo il segreto della Sua come della nostra preghiera, “non sia fatto come desidero Io, aiutaMi Signore ad entrare nella Tua Volontà”. Perchè? Perchè se quel dolore, quella prova, quel dispiacere, quella sofferenza che sto portando in me può essere una via di salvezza aiutami a viverla fino in fondo con Te e come Te.
Allora vivremo anche noi l’esperienza di Paolo, come avete sentito. Quando lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori dalla città. Egli si alzò, entrò in città e lì continuò quella meravigliosa opera che ancora oggi la Chiesa vive: l’annuncio del Vangelo. L’annuncio di quella buona e bella Parola.
Gesù ha detto: “Non parlerò ancora a lungo con voi, perchè arriva il principe di questo mondo. Però questo principe non può nulla, non può compiere niente contro di Me”. . Perchè? Perchè questa è la più grande prova che noi siamo chiamati a vivere come Lui, perchè “il mondo sappia che Io amo il Padre”. La prova dell’amore. “Come il Padre Mi ha comandato così Io agisco”.
Allora carissimi, non possiamo che pregare gli uni per gli altri in questi giorni. Questa esperienza - magari alcuni di noi l’hanno già vissuta in altri momenti, in altre parti - sia per ciascuno di noi esperienza della Pasqua, del passaggio ad accogliere prima di tutto dentro di noi questo dono, il dono della pace.
Forse, proprio quando crediamo che non ci sia necessario, cadiamo nella più grande e pericolosa tentazione. Abbiamo bisogno che quella pace entri anche negli angoli più nascosti della nostra coscienza, dove magari scendiamo anche a quei piccoli compromessi quotidiani. Siano giorni di grande purificazione.
Lo abbiamo invocato. DomandiamoLo spesso il dono dello Spirito che ha il potere di fare nuove tutte le cose. In questi giorni lo Spirito Santo ha il potere di fare nuovi anche noi. Anche se ci sembra di portare sempre il fardello della nostra vita, delle nostre abitudini, dei nostri limiti. Nulla è impossibile a Dio e a coloro che a Dio si affidano e si consegnano al soffio del Suo Spirito. Abbiamo bisogno di questo soffio che arrivi fin lì dove tutto và guarito, tutto và sanato, tutto và riconciliato, tutto và purificato con il dono della Sua Misericordia.
Viviamo questo pellegrinaggio in un tempo straordinario: il Giubileo della Misericordia. E’ una grazia che amplifica, allarga, dilata ancora di più ciò che avremo vissuto se questo non fosse stato.
Cerchiamo allora di accogliere il messaggio che Lei cerca in modi diversi di donarci. Che sia nella vita di tutti i giorni, l’esperienza di Chiesa. Dobbiamo sentirci Chiesa. Non dimentichiamolo mai.
Paolo VI, nell’Evangelium Nunziandi, diceva che è proprio della Chiesa essere evangelizzatrice. Il Suo scopo primario è portare il Vangelo. Quel dono che in questi giorni quel soffio rinnoverà facendo nuovi noi dentro, donandoci la pace del Signore si ha il dono che poi portiamo e condividiamo con tutti i nostri fratelli, perchè possano trovare in quel soffio che porteremo il sussurro forte della Misericordia del Signore che faccia credere in maniera più decisa che anche se c’è il principe del mondo nulla potrà mai compiere.

 

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )

martedì 26 aprile 2016

Video - Commento di P. Livio al Messaggio del 25 Aprile 2016 da Medjugorje

Omelia della santa Messa serale Medjugorje, 24 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Parola del Signore.

Fratelli e sorelle,
possiamo dire che Gesù proclama un nuovo Comandamento determinante e solenne: "Vi do un nuovo Comandamento: amatevi gli uni gli altri".Questo testo così breve è particolare per un altro motivo: Gesù non si è rivolto alle persone ordinando, ma invitando con mitezza, convincendo e ispirando. In realtà questo Comandamento non è solamente una cosa nuova, ma è una cosa importante per noi seguaci di Gesù. Dov'è la novità se anche nell'Antico Testamento è stato indicato il Comandamento dell'Amore e se lo hanno anche tutte le altre religioni?Gesù non ha portato qualcosa di assolutamente nuovo, ma ha dato nuovo spirito ad un Comandamento dell'Antico Testamento, come ha fatto anche con gli altri. La particolarità sta nell'aggiunta breve, ma importante: "Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi".

Dobbiamo sempre partire dall'Amore di Gesù verso di noi per capire la novità e l'importanza di questo Comandamento. Questo è l'unico criterio, l'unica misura del nostro comportamento.Non abbiamo ancora detto in cosa consiste la somiglianza del nostro amore verso gli uomini con quello di Gesù verso di noi. Anche prima di Gesù c'erano esempi di amore eroico: l'amore dei genitori verso i figli, di un coniuge verso l'altro, di amici. Ma ogni amore umano era condizionato dall'appartenenza, era quasi un debito verso la persona amata. Ma era anche ricompensato.Nell'esempio di Gesù abbiamo qualcosa di completamente diverso, perchè Lui ama senza differenza, senza chiedere, senza vedere chi è degno del Suo Amore. Anzi, Gesù ha espresso il Suo Amore in modo particolare verso quegli uomini che secondo il parere umano, non meritavano amore: verso i peccatori, quelli che gli altri disprezzavano, evitavano e condannavano. Proprio a questi dedica la Sua vicinanza al punto che viene definito "amico dei pubblicani e dei peccatori". Mentre il Suo Amore è senza limiti e non esclude nessuno, il nostro amore è spesso egoistico e selettivo.

Una donna ha chiesto ad un teologo molto noto: "Signor professore, posso essere sicura che una volta defunta incontrerò tutti i miei cari defunti?" "Sicuramente, gentile signora, ma incontrerà anche tanti altri". Questa era la risposta che la signora devota doveva intendere come un insegnamento perchè pensava solo ai suoi cari, coloro che lei aveva amato. Invece, dove sono gli altri? Questo teologo voleva far ricordare come Gesù non ha escluso nessuno dal Suo Amore. Così anche il Suo Comandamento d'Amore non lo dobbiamo limitare solo ai nostri cari, ma siamo chiamati ad amare tutti.Se abbiamo davanti agli occhi il Comandamento che Gesù ha pronunciato al congedo dai Suoi apostoli, poco prima di andare verso la morte che era l'apice del Suo Amore verso gli uomini, sarà facile capire che qui si tratta del cuore del Cristianesimo. Anche se Gesù in quel momento sapeva che uno di essi lo stava tradendo e che tutti gli altri lo avrebbero abbandonato Lui non esclude nessuno dal Suo Amore e và alla morte per tutti. Anzi, pregherà anche per tutti coloro che hanno avuto odio verso di Lui, quando Lo hanno condannato alla morte di croce: "Padre, perdonali. Non sanno quello che fanno".

Fratelli e sorelle, qualche volta delusi, diciamo che una persona ha fatto vedere il suo vero volto, cioè che in una situazione lei ha fatto vedere come in realtà è. Ciò significa che fino ad allora quella persona fingeva di essere buona, mentre in realtà non lo è. Adesso si è fatta scoprire.Secondo questa Parola di Gesù il vero volto di un cristiano deve essere l'amore verso tutti, proprio secondo il Suo esempio. In questo sta il cuore della fede cristiana. Un cristiano può sapere più o meno della storia della Chiesa o più o meno della teologia, ma questo non influisce davanti agli Occhi di Gesù. L'unica misura della grandezza della sua fede è la grandezza dell'amore che lui è disposto a riversare sugli altri. Questo lo possono fare tutti: giovani, anziani, analfabeti, colti. Per fare questo non si chiede grande conoscenza, ma grande cuore.Gesù vuole che questo sia l'unico vero segno dei Suoi discepoli nel rapporto verso gli altri. Perciò Egli dice: "Per questo tutti sapranno che siete Miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri".L'Amore è e rimane il segno della Chiesa di Cristo in tutti i tempi e in tutte le circostanze della vita. Anche quando la situazione è difficile.La promessa sono i nuovi cieli e la nuova terra di cui parla lo scrittore del libro dell'Apocalisse. Questo nuovo cielo e questa nuova terra non sono un'utopia, o una promessa di un futuro lontano, ma una realtà attuale se l'uomo accetta il Comandamento di Gesù e su esso regola la sua vita.Tutti gli uomini hanno sempre sognato un mondo nuovo, un futuro migliore, ma lo hanno trovato solo coloro che hanno cercato di amare tutti nello Spirito di Cristo.Ci sono diverse ideologie che volevano cambiare il mondo con rivoluzioni, con armi, e hanno lasciato profondi segni di disgrazia.Nella dottrina di Gesù è rivoluzionario il fatto che il Suo Regno è presente adesso e ogni volta che nella persona dell'altro faccio il mio prossimo Così realizzo in pieno la mia vita.Questo viene confermato anche da persone che non hanno vissuto per Gesù, ma al momento della morte hanno confessato che la vita che hanno vissuto non li ha portati alla felicità.

Uno degli uomini più ricchi, Steve Jobbs, lui che ha fondato la Apple, poco prima della morte ha lasciato uno scritto che dice: "Ho raggiunto l'apice nella carriera professionale. Secondo gli altri la mia vita è un esempio di successo, invece oltre al lavoro io avevo poca gioia nella vita. In questo momento che sono in ospedale capisco che tutte le ricchezze che ho cercato con tanto orgoglio non hanno valore davanti alla morte imminente. Chi cerca solo la ricchezza diventa come me. Dio ci ha dato la possibilità di sentire l'amore e non le illusioni della ricchezza".Una confessione sincera di un uomo che tanti pensano che abbia avuto successo nella vita, invece lui dice di non aver avuto nulla, di aver avuto un fallimento.Gesù, col Suo insegnamento, ha fatto vedere un'unica strada giusta, insegnando che nel prossimo non dobbiamo vedere un nemico da sconfiggere o un concorrente da ingannare per arricchirci alle sue spalle, ma dobbiamo vedere il fratello da conquistare con amore.Con la Sua venuta, con il Suo servizio il mondo per la prima volta si è confrontato con un modo di vivere che non guarda se stesso, non guarda il proprio successo, ma guarda il prossimo, sopratutto colui che ha bisogno di attenzione e di amore. Questo è ciò che i cristiani devono fare oggi più di qualsiasi altra cosa. Questo è il modo per trovare il senso della vita.
Amen.

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )

Adorazione perpetua




Messaggio del 15 marzo 1984
Anche questa sera, cari figli, vi sono particolarmente riconoscente per essere venuti qui. Adorate senza interruzione il Santissimo Sacramento dell'altare. Io sono sempre presente quando i fedeli sono in adorazione. In quel momento si ottengono grazie particolari.

Il Digiuno

Messaggio del 14 agosto 1984
Questa apparizione avvenne inaspettatamente, alla vigilia dell'Assunta. Ivan stava pregando in casa. Poi cominciò a prepararsi per venire in chiesa, alla liturgia serale. Improvvisamente gli apparve la Madonna e gli disse di trasmettere alla gente questo Messaggio: "Vorrei che la gente in questi giorni pregasse con me. E che preghi il più possibile! Che inoltre digiuni il mercoledì e il venerdì; che ogni giorno reciti almeno il Rosario: i misteri gaudiosi dolorosi e gloriosi". La Madonna ci ha chiesto di accogliere questo Messaggio con ferma volontà. Si è rivolta in particolare ai parrocchiani e ai fedeli dei paesi vicini.

IL DIGIUNO è l’astensione totale o parziale dal cibo, e obbliga il cristiano a fare un unico pasto nella giornata, ma non proibisce di prendere un po’ di cibo al mattino e alla sera.

IL CALENDARIO. Il canone 1251 Star fissa inoltre il calendario delle astinenze e dei digiuni: tutti i venerdì dell’anno (che non cadano in feste di precetto) il fedele deve astenersi dalla carne. Il mercoledì delle Ceneri e il venerdì santo sono gli unici due giorni di digiuno; per il rito ambrosiano il mercoledì delle Ceneri è sostituito dal primo venerdì di quaresima. Nei primi secoli dell’era cristiana, secondo un testo antico, la Didaché, i fedeli cristiani, diversamente dagli ebrei che praticavano il digiuno il secondo e il quinto giorno della settimana (cioè il lunedì e il giovedì), digiunavano il mercoledì e il venerdì. La scelta del quarto e sesto giorno della settimana, probabilmente, era dovuta anche al tentativo di differenziarsi dalla pratica degli ebrei, che rifiutavano il messaggio di Gesù. Successivamente essa fu giustificata dal ricordo del tradimento di Giuda (avvenuto il mercoledì) e la morte di Gesù (che cade il venerdì) come è possibile leggere nel canone XV sulla Pasqua di Pietro d’Alessandria (morto nel 311): “Non ci sarebbe rimproverato d’osservare i mercoledì e venerdì. Giorni ai quali la tradizione ci prescrive con ragione di digiunare: il mercoledì a causa del consiglio tenuto dagli ebrei in vista del tradimento del Signore; il venerdì a causa della sua passione per noi. Poiché la domenica noi festeggiamo un giorno di gioia a causa di colui che resuscita quel giorno, non pieghiamo più le ginocchia secondo la tradizione ricevuta”. Del resto (come per rafforzare questa presa di distanza dal mondo ebraico) il giovedì (soprattutto in ambienti monastici) è vietato il digiuno: mentre gli ebrei osservanti lo praticano, i cristiani lo impediscono in ricordo della festa dell’Ascensione di Gesù. E’ interessante ora ricordare che prima del 1966 erano considerati giorni di astinenza, oltre i venerdì, anche i sabati di quaresima, le vigilie di Pentecoste, dell’Immacolata concezione, del Natale. La scelta di questi due giorni naturalmente non è casuale. Il mercoledì delle Ceneri e il venerdì santo vogliono ricordare alla memoria del fedele due momenti decisivi della vita cristiana.

Star Can. 1251 - Si osservi l'astinenza dalle carni o da altro cibo, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, in tutti e singoli i venerdì dell'anno, eccetto che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l'astinenza e il digiuno, invece, il mercoledì delle Ceneri e il venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo.

lunedì 25 aprile 2016

Messaggio a Marija del 25 aprile 2016

"Cari figli! Il Mio Cuore Immacolato sanguina guardandovi nel peccato e nelle abitudini peccaminose. Vi invito: ritornate a Dio ed alla preghiera affinché siate felici sulla terra. Dio vi invita tramite me perché i vostri cuori siano speranza e gioia per tutti coloro che sono lontani. Il mio invito sia per voi balsamo per l’anima e il cuore perché glorifichiate Dio Creatore che vi ama e vi invita all’ eternità. Figlioli, la vita è breve, approfittate di questo tempo per fare il bene. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”

 

 

Marija Pavlovic comunica il Messaggio del 25 Aprile 2016 a Radio Maria

domenica 24 aprile 2016

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER L’INIZIO DEL MINISTERO PETRINO

SANTA MESSA
IMPOSIZIONE DEL PALLIO
E CONSEGNA DELL’ANELLO DEL PESCATORE
PER L’INIZIO DEL MINISTERO PETRINO
DEL VESCOVO DI ROMA

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 24 aprile 2005

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo diplomatico,
carissimi Fratelli e Sorelle
!

Per ben tre volte, in questi giorni così intensi, il canto delle litanie dei santi ci ha accompagnato: durante i funerali del nostro Santo Padre Giovanni Paolo II; in occasione dell'ingresso dei Cardinali in Conclave, ed anche oggi, quando le abbiamo nuovamente cantate con l'invocazione: Tu illum adiuva - sostieni il nuovo successore di San Pietro. Ogni volta in un modo del tutto particolare ho sentito questo canto orante come una grande consolazione. Quanto ci siamo sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II! Il Papa che per ben 26 anni è stato nostro pastore e guida nel cammino attraverso questo tempo. Egli varcava la soglia verso l'altra vita - entrando nel mistero di Dio. Ma non compiva questo passo da solo. Chi crede, non è mai solo - non lo è nella vita e neanche nella morte. In quel momento noi abbiamo potuto invocare i santi di tutti i secoli - i suoi amici, i suoi fratelli nella fede, sapendo che sarebbero stati il corteo vivente che lo avrebbe accompagnato nell'aldilà, fino alla gloria di Dio. Noi sapevamo che il suo arrivo era atteso. Ora sappiamo che egli è fra i suoi ed è veramente a casa sua. Di nuovo, siamo stati consolati compiendo il solenne ingresso in conclave, per eleggere colui che il Signore aveva scelto. Come potevamo riconoscere il suo nome? Come potevano 115 Vescovi, provenienti da tutte le culture ed i paesi, trovare colui al quale il Signore desiderava conferire la missione di legare e sciogliere? Ancora una volta, noi lo sapevamo: sapevamo che non siamo soli, che siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano. Infatti alla comunità dei santi non appartengono solo le grandi figure che ci hanno preceduto e di cui conosciamo i nomi. Noi tutti siamo la comunità dei santi, noi battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, noi che viviamo del dono della carne e del sangue di Cristo, per mezzo del quale egli ci vuole trasformare e renderci simili a se medesimo. Sì, la Chiesa è viva - questa è la meravigliosa esperienza di questi giorni. Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa questo si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro. La Chiesa è viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Risorto ha promesso ai suoi. La Chiesa è viva - essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente risorto. Nel dolore, presente sul volto del Santo Padre nei giorni di Pasqua, abbiamo contemplato il mistero della passione di Cristo ed insieme toccato le sue ferite. Ma in tutti questi giorni abbiamo anche potuto, in un senso profondo, toccare il Risorto. Ci è stato dato di sperimentare la gioia che egli ha promesso, dopo un breve tempo di oscurità, come frutto della sua resurrezione.

La Chiesa è viva – così saluto con grande gioia e gratitudine voi tutti, che siete qui radunati, venerati Confratelli Cardinali e Vescovi, carissimi sacerdoti, diaconi, operatori pastorali, catechisti. Saluto voi, religiosi e religiose, testimoni della trasfigurante presenza di Dio. Saluto voi, fedeli laici, immersi nel grande spazio della costruzione del Regno di Dio che si espande nel mondo, in ogni espressione della vita. Il discorso si fa pieno di affetto anche nel saluto che rivolgo a tutti coloro che, rinati nel sacramento del Battesimo, non sono ancora in piena comunione con noi; ed a voi fratelli del popolo ebraico, cui siamo legati da un grande patrimonio spirituale comune, che affonda le sue radici nelle irrevocabili promesse di Dio. Il mio pensiero, infine – quasi come un’onda che si espande – va a tutti gli uomini del nostro tempo, credenti e non credenti.

Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo. Qualche tratto di ciò che io considero mio compito, ho già potuto esporlo nel mio messaggio di mercoledì 20 aprile; non mancheranno altre occasioni per farlo. Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia. Invece di esporre un programma io vorrei semplicemente cercare di commentare i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l’assunzione del Ministero Petrino; entrambi questi segni, del resto, rispecchiano anche esattamente ciò che viene proclamato nelle letture di oggi.

Il primo segno è il Pallio, tessuto in pura lana, che mi viene posto sulle spalle. Questo antichissimo segno, che i Vescovi di Roma portano fin dal IV secolo, può essere considerato come un’immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa città, il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi accogliamo. E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere qual è la via della vita – questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica – magari in modo anche doloroso – e così ci conduce a noi stessi. In tal modo, non serviamo soltanto Lui ma la salvezza di tutto il mondo, di tutta la storia. In realtà il simbolismo del Pallio è ancora più concreto: la lana d’agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto, era per i Padri della Chiesa un’immagine del mistero di Cristo e della Chiesa. L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità, porta noi stessi – Egli è il buon pastore, che offre la sua vita per le pecore. Il Pallio dice innanzitutto che tutti noi siamo portati da Cristo. Ma allo stesso tempo ci invita a portarci l’un l’altro. Così il Pallio diventa il simbolo della missione del pastore, di cui parlano la seconda lettura ed il Vangelo. La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto. Vi è il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell’edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione. La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza. Il simbolo dell’agnello ha ancora un altro aspetto. Nell’Antico Oriente era usanza che i re designassero se stessi come pastori del loro popolo. Questa era un’immagine del loro potere, un’immagine cinica: i popoli erano per loro come pecore, delle quali il pastore poteva disporre a suo piacimento. Mentre il pastore di tutti gli uomini, il Dio vivente, è divenuto lui stesso agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi. Proprio così Egli si rivela come il vero pastore: “Io sono il buon pastore… Io offro la mia vita per le pecore”, dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14s). Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.

Una delle caratteristiche fondamentali del pastore deve essere quella di amare gli uomini che gli sono stati affidati, così come ama Cristo, al cui servizio si trova. “Pasci le mie pecore”, dice Cristo a Pietro, ed a me, in questo momento. Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento. Cari amici – in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri.

Il secondo segno, con cui viene rappresentato nella liturgia odierna l’insediamento nel Ministero Petrino, è la consegna dell’anello del pescatore. La chiamata di Pietro ad essere pastore, che abbiamo udito nel Vangelo, fa seguito alla narrazione di una pesca abbondante: dopo una notte, nella quale avevano gettato le reti senza successo, i discepoli vedono sulla riva il Signore Risorto. Egli comanda loro di tornare a pescare ancora una volta ed ecco che la rete diviene così piena che essi non riescono a tirarla su; 153 grossi pesci: “E sebbene fossero così tanti, la rete non si strappò” (Gv 21, 11). Questo racconto, al termine del cammino terreno di Gesù con i suoi discepoli, corrisponde ad un racconto dell’inizio: anche allora i discepoli non avevano pescato nulla durante tutta la notte; anche allora Gesù aveva invitato Simone ad andare al largo ancora una volta. E Simone, che ancora non era chiamato Pietro, diede la mirabile risposta: Maestro, sulla tua parola getterò le reti! Ed ecco il conferimento della missione: “Non temere! D’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 1–11). Anche oggi viene detto alla Chiesa e ai successori degli apostoli di prendere il largo nel mare della storia e di gettare le reti, per conquistare gli uomini al Vangelo – a Dio, a Cristo, alla vera vita. I Padri hanno dedicato un commento molto particolare anche a questo singolare compito. Essi dicono così: per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. E’ proprio così – nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. E’ proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui. Il compito del pastore, del pescatore di uomini può spesso apparire faticoso. Ma è bello e grande, perché in definitiva è un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel mondo.

Vorrei qui rilevare ancora una cosa: sia nell’immagine del pastore che in quella del pescatore emerge in modo molto esplicito la chiamata all’unità. “Ho ancora altre pecore, che non sono di questo ovile; anch’esse io devo condurre ed ascolteranno la mia voce e diverranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16), dice Gesù al termine del discorso del buon pastore. E il racconto dei 153 grossi pesci termina con la gioiosa constatazione: “sebbene fossero così tanti, la rete non si strappò” (Gv 21, 11). Ahimè, amato Signore, essa ora si è strappata! vorremmo dire addolorati. Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa, che non delude, e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità, che tu hai promesso. Facciamo memoria di essa nella preghiera al Signore, come mendicanti: sì, Signore, ricordati di quanto hai promesso. Fa’ che siamo un solo pastore ed un solo gregge! Non permettere che la tua rete si strappi ed aiutaci ad essere servitori dell’unità!

In questo momento il mio ricordo ritorna al 22 ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo ministero qui sulla Piazza di San Pietro. Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!” Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell’arbitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà dell’uomo, alla sua dignità, all’edificazione di una società giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli uomini, soprattutto ai giovani. Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita. Amen.

Copyright © Libreria Editrice Vaticana

"IO SONO CON VOI"

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MEDJUGORJE, DOVE LA MADONNA APPARE...

Questa mattina, salendo sul Podbrdo, la collina delle prime apparizioni della Regina della Pace, mentre pregavo il rosario ho avuto un pensiero. Un caro amico, incontrato dopo la messa delle ore 11 nella chiesa parrocchiale di San Giacomo, mi ha dato preziosa conferma.
MEDJUGORJE non è un semplice luogo di devozione né una comune meta di pellegrinaggio.
A Medjugorje si viene perché questo è un LUOGO DI APPARIZIONI MARIANE e da qui la Regina della Pace affida MESSAGGI per la parrocchia, per l'umanità, per ciascuno di noi.
Chiediamo alla Vergine Maria di intercedere per noi presso Suo Figlio affinché possiamo sempre più VIVERE IL VANGELO attraverso i suoi messaggi materni.

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I MIRACOLI DI MEDJUGORJE...

...sono anzitutto le conversioni. Innumerevoli le persone che, riconciliate con Dio nei confessionali ai lati della chiesa parrocchiale, ritrovano la gioia della preghiera e la forza della fede. Anche oggi, nonostante la pioggia scrosciante, in centinaia erano in coda ai confessionali...
UNA PREGHIERA PER TUTTI I NOSTRI CONFESSORI!

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"IO SONO CON VOI"

Cara Madonna, grazie di esser qui con noi, a Medjugorje. Mentre scende una pioggia insistente, sostare in preghiera sul PODBRDO dona una grande pace. E si avverte nel cuore la verità della promessa che risuona in tanti tuoi messaggi: "IO SONO CON COI".

Ti affido in modo particolare tutte le persone MALATE e sofferenti nello SPIRITO, quanti si sentono SOLI e SCORAGGIATI.
Riempi tu i nostri cuori di Speranza!

 

fonte: dal profilo FB di Diego Manetti

“VI SIETE PERSI E NON SAPETE QUAL È LA VOSTRA DIREZIONE”





N.d.R.: pubblico volentieri ( dal profilo FB di Documenti di Medjugorje) questa bellissima Omelia di fra Marinko Šakota, parroco di Medjugorje, nella quale fa un pubblico “j’accuse” contro il dilagante consumismo che sta invadendo Medjugorje! E la seconda foto che vedete qui sopra (più piccola rispetto alla statura del caro fra Marinko Šakota, e non certo per la statua della Gospa) ne è un esempio che lui cita nella sua omelia. Che essa possa essere oggetto di riflessione per Noi, … si, anche Noi o forse proprio Noi ITALIANI !!
“VI SIETE PERSI E NON SAPETE QUAL È LA VOSTRA DIREZIONE”
(Omelia di Fra Marinko del 3 aprile 2016)
Sapete di chi sono queste parole?
Sapete che la Madonna dice questo nel messaggio del 25.2. 2016?!! Però: a chi? A chi sono rivolte queste parole? Le rivolge a qualcuno? A me? O a te? Proviamo a capire a chi sono rivolte queste parole e domandiamoci: in quale direzione va Medjugorje??? Nella direzione che vogliamo noi o nella direzione che vuole la Madonna che, cioè, Medjugorje sia un’oasi di pace?!!
Ricordo i primi anni delle apparizioni e penso a quella gente silenziosa, alle tante coppie che da Medjugorie, Bijakovići, Miletine, Vionice, e Šurmanci e da tanti altri villaggi intorno... che lasciavano il loro duro lavoro nei campi e che, correndo, andavano a recitare il Rosario, andavano alla Santa Messa... non camminando, ma correndo…Eppure si preoccupavano per la loro famiglia e facevano crescere i loro figli! E questo giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Questo volevano e questo ci insegnavano: questo insegnamento ci hanno lasciato in eredità.
E noi?? Siamo coscienti che abbiamo un debito verso di loro? Siamo coscienti che sono loro il fondamento di Medjugorje? Non le nostre PENSIONI, i nostri Alberghi, negozi, ristoranti, ecc. ma loro, con le mani segnate dalla fatica e aperte alla preghiera. Sono quelli che non sono mai caduti sotto le minacce dei comunisti, e non hanno guardato a quelli che lavoravano di domenica, a quelli che non andavano a Messa ecc. Il loro principale punto di riferimento nella vita era: lavoro e preghiera. Si preoccupavano per la famiglia e sopratutto si rispettavano!!! Nella loro vita DIO era veramente al primo posto! Sono rimasti fedeli, perseveranti, e pazienti, nonostante tutto! e andavano sempre a pregare e pregare!!! andavano e andavano!!! Hanno vinto il demonio e le cose materiali!!! Ricordo quei volti così belli e sereni dei nostri padri e delle nostre madri: si poteva leggere sul loro volto da dove veniva tanta grazia per il nostro popolo: dalla Madre della Pace. La Regina dell’Universo è venuta a trovarci in una collina cosi secca e così dura, dove non c’è né oro né argento, ma corone di spine appese al collo! Non esiste pietra sul Križevac dove non si recitasse il Rosario, dove il pianto della Gospa non contasse. Non esiste neanche un centimetro della terra che non sia stata benedetta dalla loro preghiera sincera. E oggi??? Cosa è rimasto di tutto questo? Lo vediamo oggi?? Non vediamo che tutti quei palazzi costruiti illegalmente, senza nessun progetto, prendono tutto lo spazio comune? Però per chi?? Per la nostra parrocchia?? Per i frati??? per me?? No! No! No!!! Questo a noi non serve, ma non c’è spazio per i pellegrini e così prendiamo quello spazio per noi se stessi. E quale immagine mandiamo nel mondo di Medjugorje?? Costruendo i palazzi a 6 piani e sempre più vicino la chiesa, che è così bella e che tanti pellegrini del mondo portano nel cuore, dove tanta gente ha trovato DIO e LA PACE, dove tanti peccatori hanno ricevuto il perdono, dove tanta gente è guarita (fisicamente e spiritualmente), dove tanti milioni hanno ricevuto Gesù nel loro cuore e che tornano a casa gioiosi. Però: “Nooo!!” C’è gente che dice: non si deve vedere questa chiesa, il mio palazzo deve essere più grande della chiesa, perché io sono il centro del mondo. Uomini!! Uomini!! Cosa sarebbe di Medjugorje se i nostri padri non avessero rinunciato a quel poco che avevano e che hanno donato!!! A Chi??? Ho sentito con le mie orecchie: “Ai FRANCESCANI”!!! Come siamo ciechi! Guardiamo bene qual è stata la direzione che i nostri genitori hanno scelto. Essi hanno scelto che Medjugorje fosse una Oasi Di PACE E Di SILENZIO, dove ogni pellegrino potesse trovare la PACE, dove potesse incontrarsi con DIO. Cosa sarebbe se i nostri genitori fossero andati in quella direzione verso la quale andiamo noi oggi?? la direzione del consumismo e degli interessi egoistici!! Cosa sarebbe di Medjugorje?? Cosa sarebbe di Medjugorje??? Costruzione di grandi palazzi. Così di Medjugorje mandiamo questo messaggio ai pellegrini: non puoi vedere il Krizevac o il Podbrdo, tu devi vedere solo mio albergo. Non puoi godere della pace della nostra terra ascoltando gli uccelli, tu devi ascoltare solo i motori delle macchine e delle betoniere. Ripenso alle parole della Gospa: “Vi siete persi e non sapete qual è la vostra direzione.” Mettendo grandi pubblicità delle cascate di Kravica, mandiamo un messaggio chiaro: che non si deve guardare alla statua della Gospa ma a qualcosa che è più importante della Gospa...cosi offriamo qualcosa di più attraente di Medjugorje e che non è a Medjugorje. Praticamente diciamo così: tu che sei venuto, va’ via di qua, va’ in un altro posto. E proprio lì dove pellegrino pensa sia il cuore di Medjugorje? Pazzesco: questo è assurdo!! Eppure si dice che è peccato, che questo dà a fastidio a noi frati…peccato!!! La Gospa dirige sempre il nostro sguardo verso Dio, verso la Preghiera...e noi?? dove guardiamo noi?? Vediamo solo noi stessi e che cosa fare per guadagnare sempre di più. Dice Gesù: “Dove
avete il cuore, lì sarà vostro tesoro.”  Alcune persone mi venivano incontro dicendo che non hanno niente contro le costruzioni illegali, ma che i frati hanno chiamato e hanno denunciato alla polizia. E adesso sono i frati i peggiori nemici di Medjugorje perché hanno fatto il loro dovere e in particolare io che protesto contro la mancanza di leggi, contro l’anarchia, perché non sono indifferente, perché non posso guardare in quale direzione va Medjugorje. Si sente ancora dire tante volte: “Voi frati, comunque, siete qua solo di passaggio…voi andate e noi rimaniamo.” Di me stesso vorrei dire solo qualche parola. Ovunque sono stato, ho lavoravo con il cuore e con l’anima per il mio popolo. L’ho aiutato a crescere in ogni senso, non risparmiandomi mai. Cosi faccio anche qua e cosi farò finché sono vivrò. Se quelle parole erano indirizzate a me, vi dico anche questo: avete sbagliato indirizzo perché io rimango qui...Posso anche non essere più Parroco, ma posso anche rimanere qui... Posso anche andare via, ma con il cuore rimango sempre qui, perché io sono un figlio di Medjugorje: questa è la mia terra e il mio cuore è qui. 
Quando ero piccolo, spesso mia nonna mi invitava a volgere lo sguardo verso il Križevac e mi parlava di Medjugorje. Sul Križevac io c’ero prima delle apparizioni e quella croce mi ha sempre ricordato chi sono, da dove vengo e a chi appartengo. Nei momenti più difficili della mia vita, nei momenti di crisi, quella croce era per me l’unica speranza, l’unico sostegno. Appena sono cominciate le apparizioni subito, il giorno dopo, sono partito camminando verso Bijakovići e così tante volte. La mia vocazione è nata qui. Alcuni di voi mi dite parolacce e volete che me ne vada da qui! mi state accusando di essere vostro nemico. Io non vi permetto di dire che amate Medjugorje più di me, non ve lo permetto!! Se voi volete che il nuovo ponte, costruito da venerdì, sia costruito attraverso Lukoć e tra le costruzioni fatte illegalmente, se voi volete che così sia, se volete andare in questa direzione di anarchia, senza nessuna legge, dove ognuno fa quello che vuole, allora questa è la direzione che avete scelto, ma, stando così in silenzio, domandatevi bene: dove ci porta questa direzione??? Dove porta a Medjugorje questa direzione? Ricordiamo come vivevano i nostri genitori, e che cosa dice La Gospa: “Io ho scelto voi di questa parrocchia, no di Hamzice, di Čitluk, o di Tepćiće, ma voi!!!!”
E noi??? Abbiamo capito la sua direzione??? Che attorno alla chiesa ci sia più silenzio e meno traffico, o vogliamo costruire sempre di più...Cosi stiamo distruggendo quello che è più importante! Vogliamo soffocare quella fonte della Grazia del SIGNORE! Io mi domando a chi pensava la Gospa quando diceva: “Vi siete persi e non sapete qual é la vostra direzione.” E con le costruzioni, la strada verso il Križevac è sempre più stretta, e così quella verso il Podbrdo e la Croce Blu: non voglio neanche parlarne! Si sta per distruggere Žuželj, la collina sopra Miletina, un pezzo di monte delle apparizioni!... Qual è la misura del nostro rispetto verso Dio, la Madonna e le sue parole, o sono importante solo io? solo il mio guadagno? Quale messaggio mandiamo al pellegrino che viene nella nostra pensione, comprando e guidando macchine costosissime? Cosa stiamo facendo di Medjugorje? La gente viene a Medjugorje per pregare o per turismo???? Pensate che vengano per turismo??? La gente viene a Medjugorje perché hanno sentito che qui appare la Madonna e non per vedere i vostri alberghi. In genere vengono persone che non sono ricche, spesso vengono i poveri da tutto il mondo (Corea Del Sud, Messico, Columbia, Ucraina): tanti, se non tutti, vengono a causa di problemi che hanno e portano con loro croci e sofferenze. Cosa pensate che aspettino quando vengono qui? Semplicità E Umiltà e non lussi!!! Case semplici, gente semplice, che prega, che ha buon cuore, che hanno vissuto qualcosa in tutti questi anni, che hanno ricevuto la grazia della Gospa non un giorno o un mese, ma per 35 anni! Stanno forse venendo qui per vedere Las Vegas? Ascoltiamo la Madonna: “Vi
siete persi e non sapete qual è la vostra direzione!” Pensate! A Pasqua lavorano tutti i negozi nella nostra Medjugorje e anche a Pasqua quel povero operaio non può come uomo, come persona, come padre, come madre, festeggiare la Pasqua! Quale messaggio mandiamo al pellegrino che viene? Torniamo di nuovo all’inizio. La Gospa dice chiaramente: “VI SIETE PERSI E NON SAPETE QUAL È LA VOSTRA DIREZIONE!”

venerdì 22 aprile 2016

Omelia della santa Messa italiana Medjugorje, 21 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità vi dico: Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» .
Parola del Signore.


Il cammino della Chiesa passa in mezzo ad un’infinità di fatiche. L’entusiasmo di annunciare Gesù spesso viene spento dalle relazioni che noi viviamo. Relazioni che per i caratteri, i tempi e le fatiche spesso, al posto di unirci, ci dividono. Ed è successo anche a questo gruppo. Giunse a Perge, in Panfilia, ma Giovanni si separò da loro e tornò a Gerusalemme. Cosa vuol dire? Che c’era pienezza d’accordo? Se và a Gerusalemme và proprio a parlare delle difficoltà che Giovanni vive con Paolo in questo annuncio , in questa predicazione. Tensioni che nascono, perchè uno non è detto che pensi o faccia come l’altro. Nascono delle discrepanze. Nascono delle confusioni.
La Chiesa vive in mezzo a questo. E non possiamo pretendere che non ci siano, perchè la realtà è questa: siamo un’umanità che a stento và avanti.
L’esempio bello ce lo dona Paolo, perchè lui continua il suo cammino. Entra in questa sinagoga ad Antiochia di Pisidia e, come i buoni Ebrei, si mette seduto e ascolta la Parola. Viene poi invitato e Paolo annuncia il mistero di Gesù Cristo a partire dalla storia della salvezza che Dio sta compiendo e portando avanti.
Il nostro Dio sta continuamente portando luce all’interno dell’umanità. Passano i millenni e questo Dio continua a mostrare il Suo Volto finchè è arrivato Gesù. E questo Gesù è stato annunciato da Chi? Da Giovanni Battista. Da questo personaggio che si sente piccino e che al termine della sua missione capisce di essere un piccolo: “Io non sono quello che voi pensate. Ma ecco viene dopo di me Uno al quale non sono degno di sciogliere i legacci dei Suoi sandali”. Questo uomo che è diventato grande nel silenzio, nella preghiera, nel logorare il suo corpo nella penitenza in questo cammino ecco che comprende di essere un piccolo davanti a Dio.
Ed è questo il nostro cammino, cioè scorgere che è Dio che compie quest’opera meravigliosa. E’ Dio che ci salva dal male, dalla presunzione di essere chissà chi. E’ Dio che ci dona di essere umili davanti a Lui, davanti questa meraviglia d’Amore. “Canterò in eterno l’Amore del Signore”, cioè farò sì che la mia vita sia una lode a Dio per quello che ha fatto. Io sono un povero piccolo e mi viene data l’opportunità di poter cantare questa meraviglia.
Vuol dire che ho capito tutto? No. Vuol dire che sento tutto muoversi dentro di me. Sento che Dio mi ama così come sono. Sento che Dio mi da l’opportunità di essere immerso in questa vita e di essere un piccolo canto.
Siamo nel Cenacolo durante l’Ultima Cena. Gesù si è rivestito, perchè si era spogliato delle Sue vesti e cinto di un grembiule si era chinato sui Suoi discepoli e aveva lavato loro i piedi. Ora si è rivestito e si è seduto a tavola e comincia questo discorso che non può essere frainteso. Egli non vuole che noi lo fraintendiamo. Lo sigilla con questo “in verità, in verità Io vi dico”. Questo Gesù parla, vuole penetrare il nostro cuore ed entrare dentro di noi proprio per sigillare questo Suo Amore che ha molteplici sfaccettature. Tutte sono chiamate ad essere in armonia l’una con l’altra. Lavoro difficile, ma siamo di fronte alla pazienza di Dio. chino su di noi.
“Un servo non è più grande del suo padrone”. Il servo è sempre più piccolo del suo padrone. Egli è colui che fa quello che il suo padrone gli chiede. Anche colui che è addetto a portare un messaggio non è più grande di colui che lo ha inviato.
La cosa bella è che se noi sappiamo di essere dei piccoli inviati, dei piccoli servi davanti a Dio questo ci da la pace. Se sapete questo siete beati… Ora, non domani. Se sapete farvi quasi nulli davanti all’Amore voi siete beati, felici, colmi di gioia. E la semplicità qual’è? Mettere in pratica la beatitudine. Poi possono esserci delle tensioni dentro delle confusioni… Lasciamo stare tutto. Ciò che importa è che sapendo questo siamo beati.
Gesù parla di questo tradimento che ormai è già in atto, che Giuda ha già attuato e che adesso deve solo compiere. Siamo in queste ultime battute. Parla di colui che mangia il pane e che alza il calcagno, cioè che se ne sta andando. Ha partecipato di tutto e con tutto di Gesù, ma se ne và. Se ne và da questo Amore; se ne và per seguire se stesso; per seguire colui che ha mentito dentro di lui.
Ma dall’altra parte Gesù ci prepara al fatto che questi avvenimenti continuano ad esserci nella storia, nella Chiesa. Gesù ci prepara a non temerli, ma anzi a sapere che proprio questi ci invitano a credere sempre più in Gesù, di fissarci di credere che questo Amore è tutto per noi e che non sarà scalfitto. E’ bello perchè proprio questo credere è ciò che ci dona di lasciarci trasformare il cuore. Noi crediamo che Gesù è Dio e questa Divinità entra dentro di noi.
E’ bello perchè questo credere ci permette di accogliere colui che Gesù manda. Noi accogliamo non questa persona, ma Gesù che lo ha mandato. Accogliendo Gesù noi entriamo in questo Amore Trinitario. Accogliamo il Padre che ci svela il Figlio. Entriamo in questa comunione dentro questo Amore. Tutto quanto sta nell’accogliere con questo cuore, con questa mente, con questa vita. Accogliere colui che Dio manda.
E’ bello, perchè questo ci permette di diventare vita in mezzo a questa umanità. Vita incarnata in Gesù, dove ci lasciamo trasformare dal Suo Amore, dove permettiamo che Dio possa compiere tutto per noi.
Lasciamoci trasformare. Gesù ci ama. Attraverso questo Amore la nostra vita brillerà. Non brillerà perchè siamo bravi. Non brillerà perchè non pe chiamo. Non brillerà perchè abbiamo fatto chissà che cosa. Ma brillerà perchè ci stiamo lasciando amare da Dio e permettiamo che i santi ci accompagnino giorno dopo giorno a Gesù.
Questo Amore è per sempre.

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )

giovedì 21 aprile 2016

Omelia della santa Messa italiana Medjugorje, 20 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
Parola del Signore


Pace e bene a tutti voi.
La Parola di Dio oggi attraverso il Vangelo ci indica una persona. a cui dobbiamo sempre tendere lo sguardo. Questa persona è Dio. Ma non un Dio qualsiasi, bensì un Dio che è Padre e che si è rivelato proprio nella persona di Gesù Cristo: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Gesù ci indica, quindi, questo Padre, anche se oggi parlare di Padre è una cosa un pò difficile, visto come sono ridotte certe famiglie. Un pò sfasciate. Dove l’esperienza del padre e della madre tante volte non esiste. Oppure famiglie dove ci sono due padri o due madri.
Gesù ci indica, invece, la persona di Dio come Padre e noi siamo realmente Suoi Figli, perchè abbiamo ricevuto un Sacramento: il Battesimo. Questo Sacramento ci ha permesso di diventare veri figli di Dio, quindi in quella pienezza che Dio Padre può donare a ciascuno di noi. E ci indica anche cosa significhi realmente amare. Ci indica come Dio Padre ami ciascuno di noi. Questo Dio non costringe nessuno, perchè il vero amore non è costrizione. Il vero amore è rispetto autentico per la persona, voler bene alla persona e provocarla al bene. Rispettando quello che è il suo cammino, senza alcuna imposizione. E’ quello che Dio fa con ciascuno di noi.
Ci ha fornito gli strumenti per capire ciò che è bene e ciò che è male. Questi strumenti sono la preghiera e i Sacramenti che la Chiesa ci offre. Attraverso questi strumenti ogni giorno siamo chiamati a fare delle scelte, a capire bene ciò che è la Volontà di dio e a rompere quei legami - che alcune volte possono diventare delle vere e proprie dipendenze - che ci allontanano da Dio stesso.
Questo Dio ha mandato il Suo Figlio Gesù non per condannare. Dio non vuole assolutamente condannare le persone. Siccome vuole bene vuole che tutte le persone si salvino, che arrivino alla beatitudine eterna. “Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”. Dio ha sacrificato Suo Figlio Gesù per noi.
Quindi togliamoci dalla testa, se qualcuno ancora lo crede, che Dio condanni le persone. Dio non condanna nessuno, perchè Dio è venuto per salvare. Ma proprio perchè rispetta la libertà delle persone ecco che certamente non fa altro che trarre le conseguenze di una scelta tua personale.
Dice: “Non sono venuto per condannare, ma per salvare il mondo”. Però dice anche: “Chi rifiuta e non accoglie le Mie Parole ha chi lo condanna. La Parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno”.
Ci è stata donata la Parola di Dio, che è la Sacra Scrittura, la Bibbia. Sopratutto ci è stato donato il Vangelo, dove certamente non c’è tutto quello che Gesù ha fatto, però nel Vangelo è contenuto il centro della nostra fede.
Se noi che ci diciamo Cristiani, cioè seguaci di Gesù, vogliamo seguirLo autenticamente dobbiamo anche imparare a conoscerLo bene.
Papa Francesco diceva ultimamente: “Il Vangelo nelle vostre case. Avete il Vangelo nelle vostre case? Leggetelo”. Trovate il tempo per leggere il Vangelo. E’ molto importante, perchè proprio attraverso la lettura e la meditazione del Vangelo noi possiamo conformarci alla Volontà di Dio e camminare sulla strada giusta e non prendere tante deviazioni che magari ci portano lontano.
Non possiamo mettere in dubbio quella che è la Parola di Dio. Non si possono fare interpretazioni: “Questo mi và bene e questo no”. La Parola di Dio non si può mettere in dubbio.
San Paolo diceva: “Se uno vi predica un Vangelo diverso da quello che io vi ho predicato - che era l’insegnamento di Gesù - questa persona sia anatema”. Cioè fuori dalla Chiesa o un eretico.
La Parola di Dio non la possiamo mettere in discussione. Dobbiamo semplicemente accoglierLa dentro di noi e cercare proprio di aderire con tutto noi stessi a questa Parola. Allora certamente il Signore sarà sempre con noi e ci aiuterà sempre nel nostro cammino, nonostante tutte le fatich che ci possono essere. L’essere fedeli a Gesù, volgere lo sguardo a Dio Padre, sopratutto oggi è molto difficile e impegnativo.
La tentazione è quella di fare come tanti altri: “Ma chi me lo fa fare? Sono forse io più sciocco di altri? Chi me lo fa fare di seguire l’insegnamento di Gesù quando è più comodo fare come la maggioranza delle persone che fa ciò che gli piace? Ma in fondo Dio è buono… Dio ci vuole bene… Dio è venuto per salvare tutti.”
E’ vero. Dio perdona, Dio ci vuole bene, ma attenzione: richiede anche che da parte nostra non ci sia ipocrisia o falsità, ma ci sia sincerità e un desiderio vero di seguirLo e di essere come Lui. Un desiderio vero di avere Dio come Padre.
C’è questo autentico desiderio? Allora nonostante le nostre debolezze e fragilità il Signore ci viene incontro. Proprio per questo ha istituito il Sacramento bellissimo della Confessione, della Riconciliazione, attraverso il quale ritorniamo ad essere in grazia di Dio.
La cosa più bella è che il Signore ci perdona sempre. “I peccatisono sempre quelli, Padre…” E’ vero, i peccati sono sempre quelli più o meno. Ci confessiamo e dopo una settimana ci capita di ripetere gli stessi peccati. Ma il Signore ci conosce. Sa come siamo fatti. E’ sempre pronto a venirci incontro con la Sua Misericordia ed è sempre pronto a perdonarci pur sapendo che magari dopo poco tempo ripeteremo le stesse colpe.
Quello che è importante è il cuore della persona; lo sguardo della persona volto autenticamente e sinceramente verso Dio. Allora uno si rende conto di aver sbagliato e chiede perdono e il Signore lo perdona perchè: “Non sono venuto per condannare, ma per salvare”.
Tutti coloro che persistono sulla loro strada, pensando solo a se stessi, rifiutando la Parola di Dio o facendo discernimento negativo, cioè prendendo solo quello che fa comodo e lasciando da parte ciò che è più impegnativo,saranno condannati non da Dio, ma la Parola stessa di Dio li condannerà, perchè hanno fatto una scelta contro Dio stesso. Dio ti ha dato la possibilità di conoscerLo. Dio ti ha dato la possibilità di incontrare Suo Figlio Gesù Cristo. Dio ti da la possibilità di camminare con Gesù verso la beatitudine eterna. Se tu fai delle scelte contrarie il tuo destino sarà diverso.
Invochiamo la beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, perchè ci aiuti ogni giorno ad incontrare veramente il Signore Gesù nella nostra vita. In questo modo possiamo da una parte sperimentare la pienezza della nostra vita umana e nello stesso tempo camminare sicuri e diritti sulla strada che porta verso la beatitudine eterna.
Sia lodato Gesù Cristo.

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )

Omelia della santa Messa serale Medjugorje, 19 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore.


Cari fratelli e sorelle, ci trasferiamo con lo spirito al Tempio di Gerusalemme alla grande festa della dedicazione. I giudei pongono una domanda a Gesù: “Ma fino a quando Tu ci terrai nell’incertezza? Se Tu sei Cristo dillo apertamente”.
Cosa possiamo vedere da queste parole? Vediamo che queste persone cercano le prove. Ciò significa che non sono aperte. E Gesù lo sa. Lui non può fare nulla, perchè quegli uomini sono chiusi.
Noi sappiamo dalla nostra esperienza che quando qualcuno cerca prove vuol dire che gli manca l’amore e la fiducia. Quella persona non ha fiducia in noi. Quando non ci sono amore e fiducia non possiamo aprirci a tali persone. E’ inutile tentare di provare qualcosa.
Perciò Gesù inalza lo sguardo verso le opere: “Le opere che compio testimoniano per Me”. Se si vedono certe cose e si ha il cuore aperto si può arrivare alle giuste conclusioni. Ma Gesù dice: “Voi non credete!” Questo è il problema. “Voi non avete amore, perchè non siete mie pecore”.
Gesù usa la bellissima immagine del pastore e delle pecore. Usa un’immagine della vita quotidiana. Non è una cosa a noi così comprensibile, perchè non abbiamo questa esperienza, ma per la gente di allora era una situazione quotidiana.
Gesù vuole che interpretiamo il nostro rapporto con Lui come quello tra un pastore e le pecore.
Il segno principale di questo rapporto è l’ascolto: “Le pecore ascoltano la Mia Voce e mi seguono. Io le conosco ed esse sono Mie”
Questa immagine è bella, ma negli uomini di oggi essa provoca una certa resistenza quando veniamo descritti come pecore. Invece quando vediamo che Gesù si è definito “agnello di Dio” si capisce che è una bellissima definizione.
L’uomo di oggi non vuole che qualcuno sia il suo pastore. Vuole essere autonomo. Vuole essere libero.
Se analizziamo la situazione in un modo più profondo scopriamo che l’uomo non è libero. L’uomo di oggi è imprigionato. Egli ha dei pastori che governano la sua vita che possono essere le ideologie che deviano il nostro sguardo. Esse hanno una grande influenza sul nostro modo di pensare e di vedere. Tante persone oggi sono veri schiavi anche se pensano di essere liberi. I loro pastori parlano di tolleranza, di libertà, ma se guardiamo con più attenzione ci accorgiamo che diventiamo schiavi.
Anche in noi esistono diversi pastori. Tanti pensieri e sentimenti operano in noi e ci comportiamo come loro desiderano. Ci influenza il consumismo, la pubblicità, i media. Essi modellano il nostro comportamento e il nostro modo di pensare.
Gesù dice: “Io sono il pastore. Io voglio essere il tuo pastore”.
Cosa significa, fratelli e sorelle, quando Gesù dice che Lui è il nostro pastore? Cosa significa quando noi scegliamo Gesù per nostro pastore?
Tolstoj ha detto una cosa bellissima. Ha detto che Gesù insegnava agli uomini che in loro esiste qualcosa che supera di tanto le loro preoccupazioni e i problemi. Quando l’uomo ascolta Gesù è simile ad un uccello che non era consapevole di avere le ali e di poter volare. Quando l’uomo crede a Gesù e prova per la prima volta a volare sentirà cosa è la vera libertà.
Perciò, cari fratelli e sorelle, possiamo capire quando Gesù dice: “Io vi do la vita eterna. Nessuno vi strapperà dalla Mia Mano”.
Fratelli e sorelle, questa è la libertà che Gesù ci da. Egli è quel pastore che ci porta alla libertà. Gesù dice all’uomo: “Tu sei creato per la vita eterna”. Questa è la libertà. Se tu credi questo sei condotto alla libertà.
Ci sono preoccupazioni che ci schiacciano e pare che non ci sia una via d’uscita, ma Gesù ci dice: “Tu sei creato per l’eternità. Tu sei nella Mia Mano. Non aver paura”. Questo ci toglie ogni peso.
Per questa ragione Gesù ci ha detto: “Venite a Me. Io vi ristorerò”.
Da chi andiamo noi, fratelli e sorelle? Da chi andiamo? Chi è il tuo pastore? Chi segui tu?
Gesù dice che una delle caratteristiche del rapporto tra il pastore e le pecore è l’ascolto. “Le Mie pecore ascoltano la Mia Voce e Mi seguono”.
Tutti noi questa sera siamo qui, perchè vogliamo ascoltare Gesù. Sicuramente è così.
Abbiamo sentito la Parola di Dio, ma, fratelli e sorelle, l’ascolto è una cosa molto complessa. Se noi sentiamo qualcuno non è detto che lo ascoltiamo. Qualche volta noi ascoltiamo solo noi stessi e pensiamo di ascoltare anche gli altri. Noi ascoltiamo anche gli altri, ma in realtà ascoltiamo solo quello che và bene al nostro modo di pensare. Noi non siamo disposti a sentire l’opinione contraria.
Poniamoci la domanda: siamo disposti a sentire qualcun altro e la sua opinione?
Fratelli e sorelle, scopriremo che spesso non siamo disposti a farlo, perchè noi vogliamo sentire solo noi stessi. Vogliamo rimanere solo con le nostre opinioni e il nostro modo di pensare. E’ ovvio che non c’è cambiamento. Non c’è rapporto.
Noi cerchiamo di difendere la nostra idea e cerchiamo di convincere gli altri. Lì possiamo verificare noi stessi. Per esempio quando siamo arrabbiati non vogliamo nemmeno sentire l’altro. Non vogliamo sentire cosa prova, se ha sbagliato qual’era il problema.
Quando, invece, questo stato d’animo passa e ci calmiamo, possiamo vedere le cose in maniera diversa. Possiamo vedere che c’erano diverse cause, e capire i motivi di quel comportamento. Possiamo sentire l’altro.
Fratelli e sorelle, questo comporta la disponibilità a sentire la verità, a sentire qualcosa di nuovo, di diverso dal mio pensiero. Sentire l’altro. Comporta mettere un punto di domanda al nostro modo di pensare. Perchè magari non è tutto come penso io.
Questo non è semplice. In me c’è la resistenza a questo. Il mio ego si oppone. Il nostro ego vuole avere ragione.
Fratelli e sorelle, l’ascolto richiede anche la disponibilità a correggersi se si ha sbagliato. L’ascolto richiede molto. Non è per niente facile.
Bisogna avere il desiderio di sentire la verità, il desiderio di comprendere l’altro. Questo significa avere amore. Solo nell’amore possiamo capire l’altro.
Fratelli e sorelle, gli uomini ascoltano Gesù in maniera diversa. Ricordiamoci delle persone che ascoltano Gesù e quelle che lo sentono, ma non lo ascoltano, non Lo capiscono. Maria, che ascolta Gesù, quando Lo ritrova nel Tempio dice: “Perchè ci hai fatto questo? Non capisco”. Ma Maria è una persona aperta. E’ una persona che ascolta Gesù. Ella non si ferma sulle proprie opinioni, ma si apre e ascolta ciò che pensa Gesù. Gesù dice: “Perchè Mi avete cercato?” Maria si apre all’altro, si apre per ascoltare ciò che pensano gli altri.
Ci sono le persone che non ascoltano Gesù: Pietro, Giovanni, Giacomo e gli altri discepoli. Pensiamo quando Gesù dice: “Il Figlio dell’Uomo dovrà soffrire, portare la croce, morire e risorgere”. Pietro Lo sente, ma ha la propria opinione e non gli interessano le Parole di Gesù. Non vuole nemmeno sentire. Prende Gesù in disparte e dice: “No, Gesù.Non se ne parla. Questo assolutamente no!” Guardate come Pietro è chiuso. Lui pensa solo alla sua opinione, solo a quello che vuole lui. Ci vorrà tempo e tempo affinchè il suo cuore cambi e si apra a Gesù. Questo vale anche per Giovanni e Giacomo.
Ecco, fratelli e sorelle, ascoltiamo Gesù per dire come Maria: “EccoMi. Sia fatto di Me secondo la Tua Parola”.
Non secondo la mia, ma secondo la Tua Parola. Diciamo sempre così. Diciamo questo dentro di noi ogni volta prima di iniziare a pregare il Rosario o prima di iniziare a celebrare la santa Messa. Diciamo come Maria: “EccoMi, Signore. Sia fatto di Me secondo la Tua Parola”. Oppure come Samuele: “Parla, o Signore. Io voglio sentirTi”. Voglio capirTi, Gesù. Sia fatta la Tua Volontà.
Ecco, fratelli e sorelle, questa
santa Messa sia per noi un’occasione per aprire il nostro cuore, affinchè possa dire: “Parla, Signore. Io voglio sentirTi, comprenderTi e seguirTi. Seguire Te, Gesù. Tu sei il mio pastore. Scelgo Te per mio pastore”.
Amen.

 

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )

martedì 19 aprile 2016

Omelia della santa Messa serale Medjugorje, 16 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore.


Cari fedeli, parrocchiani e pellegrini e voi tutti collegati con noi via internet, permettetemi di iniziare la riflessione d’oggi con il salmo 19, non previsto dalle letture di oggi, ma ci può aiutare a comprendere meglio ciò che i testi ci hanno detto.
“I cieli narrano la gloria di Dio. L’opera delle Sue Mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole. Senza che si oda la loro voce. Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio”.
Il testo ci parla di ciò che la teologia chiama “rivelazione naturale”: dal mondo creato arriviamo al Creatore. Eppure questa rivelazione non è diretta, non è parola, non è linguaggio, ma lo scrittore dice che si ode la voce. Forse qualche volta da bambini abbiamo giocato in luoghi dove si sentiva l’eco. dopo aver gridato qualcosa si sentiva nuovamente la nostra voce. Così si può comprendere la Parola di Dio che abbiamo appena sentito. Per poterla comprendere dobbiamo fermarci e rimanere nel silenzio. Dobbiamo sentirla come l’eco che ritorna e noi dobbiamo ascoltare.
La lettura degli Atti degli Apostoli e del libro dell’Apocalisse parlavano di una grande moltitudine di persone.
La prima moltitudine era quella che si è raccolta ad ascoltare gli apostoli. Quasi tutta la città si era radunata per sentirli, ma allo stesso tempo vediamo l’ostilità al loro annuncio, anzi: una vera persecuzione.
A questa persecuzione partecipano le pie donne e i notabili della città.
La seconda lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo, parla di una moltitudine immensa di ogni nazione, popolo, tribù e lingua. La moltitudine sta davanti al trono di Dio ed è degna di essere stata invitata alla mensa del Signore. Essi sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e sono rimasti fedeli al Signore. Il Signore non li ha liberati dalla tribolazione, ma li ha premiati, perchè nella prova si sono dimostrati degni di essere prescelti da Dio.
Queste letture sullo stesso tema collegano due Chiese e due vite: due livelli diversi, ma collegati. La Chiesa attuale e la Chiesa futura; la vita attuale e la vita futura.
Nel Simbolo della fede, nel Credo, diciamo di credere nella Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei santi, la vita eterna. Per quanto siano diversi piano terrestre e piano celeste fanno un’unione. Ciò che è precedente nel cielo non sparisce, ma si trasforma.
Così questa Chiesa terrestre, con la quale intendiamo tutte le persone che credono in Cristo e tutti coloro che non hanno ancora conosciuto la Verità ma con cuore puro cercano Dio e vivono secondo il giudizio della propria coscienza, sarà trasformata e unita un giorno nell’eternità, dove ci saranno i prescelti di Dio, coloro che sono stati trovati degni di questa gloria.
Purtroppo si guarda poco alla Chiesa celeste, agli esempi dei santi. Ci sono diverse ragioni. Alcuni di questi motivi riguardano il passato, quando con occhio superficiale si presentava ciò che l’occhio umano non ha visto e l’orecchio umano non ha sentito. Si lasciava troppo poco spazio al mistero e tutto veniva dimostrato come visibile, tangibile, catalogabile in categorie umane. Oggi siamo andati all’estremo opposto. La teologia, come se volesse scappare da tutto ciò che è materiale, cerca di spiegare tutto con speculazioni filosofiche poco comprensibili dall’uomo semplice.
Senza dubbio questa è una via sbagliata. Dio si è rivelato a noi con le nostre parole, le nostre immagini, nella nostra storia spesso pesante e sporca. Dio si è rivelato completamente in Suo Figlio diventato Carne. Non ha preso solo la carne, ma è diventato Carne. Lui è il Primogenito dei morti. Non è risorto soltanto il Suo Spirito, ma tutto il Suo Essere, incluso il Corpo.
Non abbiamo le fotografie di ciò che è nei cieli. Ogni nostro discorso sulla vita eterna è imperfetto, ma questo non significa che dobbiamo fuggire dal modo umano di esprimerci, perchè non abbiamo un altro modo. Non possiamo pensare in un altro modo se non nel modo umano. Dio si è rivelato a noi nel modo umano e nel modo di pensare umano. Ci ha rivelato tutto ciò che è necessario per noi e per la nostra salvezza.
Il grande discorso del Regno dei Cieli non è nessuna garanzia per la persona che lo annuncia; non vuol dire che questa persona conosce il Regno dei Cieli. Dio conosce quella persona che vive la Volontà di Dio, anche se non riesce a dire tre sole frasi di seguito. Parlare di Dio senza fare la Sua Volontà è un discorso vuoto, senza senso.
Chi raggiunge la santità è veramente un buon teologo anche se è un analfabeta.
Nel Cristianesimo moderno è come se ci fosse una paura di mostrare l’esempio dei santi, perchè lo sguardo non si allontani da Cristo. E’ un modo di pensare strano. Le stelle non possono togliere la luce del sole.
Giungere alla santità è l’invito, la vocazione principale di noi Cristiani sulla terra. Soltanto così si arriva alla gloria celeste. La Resurrezione è una realtà alla quale dobbiamo rivolgerci continuamente, perchè senza questo evento tutto è inutile. San Paolo non a caso dice: “Senza la Resurrezione è inutile la vostra fede e la nostra predicazione”.
Ma Cristo è risorto e anche noi risusciteremo nell’ultimo giorno, perciò diciamo che crediamo nella vita eterna.
In conformità a questa fede vale la pena modellare la vita terrena.
I discorsi sull’eternità non si fanno più. Anche nelle chiese si parla della giustizia sociale, dell’ecologia, della compassione, di ogni dimensione della società e della natura. In realtà sono tutte categorie cristiane e chi non ha sentimento per queste categorie ha capito poco del Vangelo, ma senza la fede nella vita eterna non abbiamo capito proprio nulla.
Si parla dei morti pensando a cosa facevano, cosa dicevano, ma raramente pensiamo dove sono adesso, come si sentono adesso. Non lo possiamo sapere con esattezza, ma alla Luce della fede possiamo intuire.
Anche noi fedeli parliamo spesso dei morti come se fossero veramente morti e non persone che vivono in un altra dimensione. Noi tutti professiamo la fede che nella morte la vita non viene tolta, ma cambiata, e nonostante ciò facciamo discorsi vuoti che dicono che i morti vivono nella musica, nei fiori, nelle memorie, nel nostro amore, in chissà che cosa…
Questi discorsi dolci possono essere attraenti, ma sono falsi.
Se i morti vivono vivono in Dio. Noi uomini facciamo fatica ad aiutare i viventi. Per i morti tutto ciò che è terreno non vale nulla. Fra 50 anni, quando morirà la generazione che li conosceva, non li ricorderà più nessuno. Dal mondo umano ai nostri defunti può servire soltanto la nostra preghiera se sono nel Purgatorio, affinchè possano essere veramente purificati dai peccati e dalle omissioni per essere aggiunti alla moltitudine di cui ci ha parlato il libro dell’Apocalisse.
Il Vangelo che abbiamo sentito segue la stessa via. Gesù è il pastore che dona la vita eterna alle Sue pecore. Quelle pecore ascoltano la Sua Voce e Lo seguono. Cerchiamo di fermarci un attimo per riflettere: cosa ci dicono queste parole?
Il mondo moderno fa fatica a capire questa parabola. Dire oggi a qualcuno che è una pecora sembra un insulto, non un complimento. Quando qualcuno vuol deridere i fedeli dice che sono come le pecore: persone che non sanno niente, ma seguono qualcun altro.
Anche qui bisogna distinguere alcune cose. Prima di tutto: che cosa vuol dire la parabola? Nel tempo in cui Gesù predicava i pascoli in Palestina erano pieni di pecore e di pastori che se ne prendevano cura. Nello stesso territorio si mescolavano greggi di pastori diversi, eppure ogni pecora conosceva il proprio pastore. Riconosceva la sua voce tra tante altre voci. Coloro che custodivano le pecore - e coloro che lo fanno ancora - sapevano che questa cosa era normalissima e alla chiamata del pastore il proprio gregge si staccava dagli altri e lo seguiva, perchè credeva al proprio pastore e sapeva che egli avrebbe curato ogni singola pecora del gregge.
Noi riconosciamo la Voce diversa dalle altre che ci invita e ci guida? Oppure oggi seguiamo tante voci nel rumore di questo mondo, senza sapere a chi vale donare la fiducia?
Spesso diciamo che il Papa, i Vescovi e i sacerdoti sono pastori. Questo è vero, ma non completamente. Tutti noi che abbiamo ricevuto il Santo Ordine siamo chiamati come tutti gli altri, ma ancora di più a seguire l’unico pastore: Cristo Signore. Da questa sequela provviene il servizio di guidare gli altri. Quel servizio non deve voler dire impadronirsi di qualcuno, ma mettersi al servizio per guidare sulla via della vita eterna.
Domani è la domenica del Buon Pastore. In quest’occasione la Chiesa ci invita a pregare per le vocazioni religiose e sacerdotali. Ci invita a pregare il buon Dio di mantenere nella fede i pastori già ordinati e di chiamare tra i giovani coloro che veramente il Signore desidera che diventino sacerdoti, religiosi o religiose.
Sappiamo tutti che non è il tempo ideale per fare pubblicità per le vocazioni religiose. E’ passato il tempo in cui i sacerdoti e i religiosi erano rispettati. Anche se tanti ci rispettano più di quanto ci meritiamo nelle grandi città le persone vi insulteranno se portate la veste e se vedono che siete sacerdoti.
Il mondo d’oggi spesso non ammira i sacerdoti, ma piuttosto si sente il dispiacere per queste persone, perchè sono diventati sacerdoti, religiosi o suore.
La Chiesa ci insegna che il Signore è tra di noi nonostante gli scandali nella Chiesa stessa. Egli è tra di noi in 4 modi: nella comunità radunata Lui è presente nella Sua Parola; è presente in modo particolare nel pane e nel vino. Ma la Chiesa ci insegna che è presente qui in un altro modo ancora: nella persona del sacerdote. Forse per voi è difficile riconoscere Gesù nel sacerdote. Forse per voi è difficile riconoscerLo in me. A me, personalmente, è ancora più difficile.
Quando ho scelto il moto per la mia prima Messa ho scelto ciò che il nostro beato Cardinale Aloise Sepinaz aveva: “In Te Signore confido”.
Per me era chiaro che tipo di candidato ero per il Santo Ordine. Camminavo sempre per una via di mezzo. Non ero particolarmente buono. C’erano tanti motivi per rinunciare. Ma era anche chiaro che tra noi,una trentina di giovani che quell’anno abbiamo ricevuto il Santo Ordine, nessuno era perfetto.
Se noi non andiamo a lavorare nei campi del Signore chi ci andrà? Non siamo perfetti, ma non ce n’erano degli altri. Anche se si rimprovera sempre che i sacerdoti stanno tanto bene non vedo grandi code per entrare in seminario.
Tante volte c’erano guerre nelle nostre zone. Se avessimo cercato militari perfetti non avremmo mai avuto militari; non ci saremmo mai difesi dai nemici, perchè militari perfetti non ne avremmo trovati. Abbiamo potuto contare solamente su coloro che volevano andare a fare il militare. Grazie a loro siamo rimasti integri nella fede e come popolo.
Così è passato il tempo quando venivano scelti i migliori per diventare sacerdoti. Quel tempo non c’è più. La Chiesa deve appoggiarsi a coloro che sono pronti a partire per questa via. Proprio in questo, forse, si realizzano le parole di san Paolo: “Con la grazia di Dio sono quello che sono”. E le parole che lui ha sentito dal Signore: “Ti basta la Mia grazia. La forza si perfeziona nella debolezza, perchè nessuna persona mortale si vanti davanti a Dio”.
Il Signore è sempre qui con la Sua grazia e non con i nostri meriti. Preghiamo perchè ci siano abbastanza persone che collaborino coraggiosamente con questa grazia del Signore.
Amen.

 

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )