Cari fratelli e sorelle, la Chiesa nella sua sapienza educativa ha ritenuto opportuno istituire una celebrazione specificatamente dedicata alla venerazione del Corpo e del Sangue di Cristo, presenti realmente sotto i segni del pane e del vino eucaristici.
1. Cominciamo col chiederci: quale è il significato della presenza reale di Cristo nell’Eucarestia? Per trovare la risposta a questa domanda, mettiamoci alla scuola di S. Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura. Nell’ultima cena Gesù compie alcuni gesti sul pane e dice alcune parole di spiegazione degli stessi. I gesti sono: «prese il pane»; «rese grazie»; «lo spezzò». Cari fratelli e sorelle, non lasciamoci ingannare dalla semplicità di questa narrazione. Ognuno dei tre gesti ha un significato immenso.
«Prese il pane»: è il gesto che esprime la suprema libertà di Gesù nel dare inizio al dramma della sua passione. Egli aveva detto: «nessuno me la toglie [=la vita]; io la pongo da me stesso» [Gv 10, 18]. Come vedremo subito, “prendere il pane” significa non che Gesù si sottrae alla sua passione, ma che vi entra per sua decisione, accentandone preventivamente tutto lo svolgersi.
«Rese grazie»: è il gesto che esprime la profonda unione di Gesù col Padre nel compiere ciò che sta compiendo. Ne loda l’amore infinito, e dice la disponibilità piena a compiere l’opera che il Padre gli aveva commissionato. «Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito» [Gv 3, 16].
«Lo spezzò»: è il gesto che esprime in tutto il suo realismo il dramma della passione che sta per compiersi. E a questo momento, infatti, intervengono le parole: «questo è il mio corpo che è per voi; questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue».
Cari fratelli e sorelle, il corpo è la nostra persona; noi non abbiamo semplicemente un corpo: siamo il nostro corpo. Questo è vero anche per Gesù, avendo la sua divina persona assunto la nostra natura umana. Le sue parole hanno dunque questo senso: “questo sono io stesso; io «per voi»; [cioè:] che mi dono per la vostra salvezza”. E’ la divina persona del Verbo nella sua umanità offerta e sacrificata, “spezzata”, che viene data a noi.
Gesù, in questo modo, ha deciso che il dono di Se stesso rimanesse sempre presente nella memoria della Chiesa, non solo come mero ricordo ma come una reale presenza: «fate questo in memoria di me». E’ di questa reale presenza; è di questa memoria che la Chiesa vive.
2. La ripetizione efficace dei gesti del Signore e l’obbedienza al comando del Signore di mangiare di questo pane e bere questo calice, costituisce l’evento, il sacramento dell’Eucarestia nella sua integrità. La fede della Chiesa ci dona anche la certezza che terminata la celebrazione sacramentale, Cristo rimane veramente, realmente presente nel pane eucaristico. E la stessa Chiesa raccomanda vivamente che restiamo in adorazione del Signore presente nell’Eucarestia; che lo visitiamo nel suo Sacramento. Donde deriva questa raccomandazione?
Il Cristo che noi adoriamo nell’Eucarestia è lo stesso Cristo reso presente fra noi nella e dalla celebrazione della S. Messa. E’ il Cristo che dona Se stesso per ciascuno di noi: nell’atto supremo del suo amore. Come pensare di poter comprendere questo gesto, partecipando esclusivamente alla S. Messa? Non è forse necessario entrare nel cuore di Cristo sempre più profondamente, stando in adorazione alla sua Presenza?
Gesù ha istituito l’Eucarestia per unirci alla sua offerta, per renderci capaci di amare come Lui. Poiché non siamo delle cose, ma siamo persone, l’unione all’offerta di Gesù significa una vera purificazione e trasformazione della nostra libertà, che ci porta a vivere non più per se stessi ma per Colui che è morto per noi; a non essere di noi stessi, ma di Colui che si è donato per noi. Questa intima e profonda trasformazione della nostra libertà, della nostra persona, può avvenire solo se coltiviamo una vera intimità con Gesù, presente nell’Eucarestia. E’ ciò che abbiamo chiesto all’inizio di questa celebrazione: «fa che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione».
Card. Carlo Cafarra – Bologna, San Petronio - (30 Maggio 2013) © Innovative Media Inc.
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