Il cartiglio apposto sulla croce riportava il motivo della condanna a morte comminatagli da Pilato durante il processo, riferita alla pretesa regalità di Gesù (Mt 27,11-14; Mc 15,2-5; Lc 23,2-5; Gv 18,28-38) e corrispondente al reato di lesa maestà verso l'imperatore romano. Giovanni aggiunge che il motivo della condanna era scritto in ebraico, latino e greco (Gv 19,20). Giovanni narra anche che i capi dei Giudei, al leggere il cartiglio, chiesero a Ponzio Pilato la correzione dello stesso, dal momento che, secondo loro, Gesù non era il re dei giudei, ma che si era proclamato tale. La lapidaria risposta di Pilato fu negativa ed è diventata proverbiale: "Ciò che ho scritto ho scritto" (Gv 19,21-22).
Il testo del titolo come riportato dai quattro vangeli appare discordante nelle parole, sebbene il concetto sia il medesimo.
Vangeli | Greco | Traduzione |
Mc 15,26 | ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων | Il re dei Giudei |
Lc 23,38 | ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων οὗτος | Il re dei Giudei questo (è) |
Mt 27,37 | οὗτός ἐστιν Ἰησοῦς ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων | Questo è Gesù il re dei Giudei |
Gv 19,19-20 | Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων | Gesù il Nazareno, il re dei Giudei |
La traduzione artistica cristiana ha adottato la versione di Giovanni, sulla base del presupposto che questo evangelista era l'unico presente alla crocifissione (Gv 19,26-27) e poteva parlare con cognizione di causa.
Un erudito ebreo, Schalom Ben-Chorin, ha avanzato l'ipotesi che la scritta ebraica fosse simile a quella riportata da Giovanni: "Yeshua Hanozri W(u)melech Hajehudim", cioè letteralmente: "Gesù il Nazareno e Re dei Giudei". In tal caso le iniziali delle quattro parole corrisponderebbero esattamente con il tetragramma biblico, il nome impronunciabile di YHWH, motivando con maggior forza le proteste degli ebrei.
Il titulus crucis conservato nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma.
La conservazione come reliquia del "titolo" apposto sulla croce è testimoniata per la prima volta nel IV-V secolo dall'"itinerario" di Egeria, che racconta il proprio pellegrinaggio a Gerusalemme nell'anno 383. Successivamente il titulus fu descritto nel 570 da Antonino di Piacenza, un pellegrino che vide le reliquie della Passione a Gerusalemme. Egli riporta la seguente iscrizione: «Hic est rex Iudaeorum», cioè il testo di Matteo[4].
Una tavola di legno, che la tradizione cattolica ritiene essere parte del titulus, ma che è stata datata al X-XII secolo, è conservata a Roma, nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, insieme a un presunto chiodo della Passione e a frammenti della Vera Croce. Tutti questi oggetti, secondo la tradizione, furono rinvenuti da Elena, madre dell'imperatore romano Costantino I, che nel IV secolo visitò Gerusalemme e fece scavare l'area del Golgota.
Si apre perciò la questione se è verosimile che il cartiglio della croce sia stato conservato e se la reliquia romana possa essere l'originale o almeno una copia fedele.
Alla prima questione ha cercato di rispondere nella sua tesi di dottorato e in una pubblicazione di poco antecedente Maria-Luisa Rigato, una teologa attiva alla Pontificia Università Gregoriana, supponendo che il cartiglio sia stato staccato dalla croce e deposto inizialmente nella tomba assieme al corpo di Gesù. La sepoltura, infatti, caratterizzata secondo i Vangeli dall'utilizzo di una tomba di ampie dimensioni, dal trattamento della salma con unguenti preziosi e dall'avvolgimento in un sudario, avrebbe secondo la Rigato tutte la caratteristiche di una sepoltura regale. L'aggiunta del cartiglio, il cui testo appariva ai seguaci di Gesù inconsapevolmente profetico della regalità di Gesù, sembrerebbe ben accordarsi con le intenzioni di Giuseppe d'Arimatea e di Nicodemo.
Il titulus di Santa Croce reca effettivamente una parte dell'iscrizione nelle tre lingue. Anche i testi in latino e greco sono scritti, da destra a sinistra, come l'ebraico; inoltre nel testo latino è scritto «Nazarinus» anziché «Nazarenus». Il testo, poi, non sembra corrispondere esattamente a nessuno di quelli dei quattro vangeli. Queste anomalie sono considerate da alcuni indizi di autenticità, in base al ragionamento che difficilmente un falsario le avrebbe introdotte.
Le fotografie dell'iscrizione sono state esaminate da diversi paleografi (contattati indipendentemente dai tre ricercatori sopra citati). In particolare le lettere sono risultate perfettamente compatibili con quelle del primo secolo, confermando, quindi, la possibilità che la reliquia sia l'originale o almeno una copia fedele dell'originale. Maria Luisa Rigato –autorevole studiosa -ne deduce: Ritengo in base a tutti gli elementi raccolti che il Testo dell'iscrizione sulla Tavoletta-reliquia corrisponda al Titolo originale di Pilato.
Resta infine il problema se la reliquia possa essere l'originale del Calvario. Per chiarire la questione la Santa Sede ha autorizzato il prelievo di campioni del legno che sono stati datati utilizzando il Metodo del carbonio-14. I risultati, pubblicati nel 2002, hanno determinato che il legno risale all'intervallo tra gli anni 980 e 1150.
Fonte Wikipedia
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